Kendo nelle Marche


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Terzo Kendo World Keikokai a Tokyo

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credits – Donatella Castelli

Ho partecipato a questo keikokai, non tanto perché fosse dietro l’angolo (ci vogliono due ore buone di Shinkansen, più una ventina minuti sulla JR Chuo Line), ma perchè le iniziative di Kendo World sono sempre meritevoli di attenzione e offrono eccellenti occasioni di incontrare kenshi da tutto il globo. Non parliamo poi del piccolo dettaglio che fossero presenti alcuni ottavi dan e che il campus di Nakano della Università Meiji abbia un dojo nuovissimo e dotato di aria condizionata.

Abbiamo iniziato la giornata con una interessante (e toccante) conferenza del Maestro Inoue Yoshihiko, ottavo dan hanshi, relativa ai primi tre Kendo no Kata.

credits – Muruyama Kouichi

La traduzione di Alex Bennett ha sempre il pregio della chiarezza e aiuta a trasmettere senza equivoci il pensiero di chi parla.

Secondo il Maestro, questi tre kata offrono una prospettiva particolare sull’evoluzione da Kenjutsu a Kendo, sul passaggio da tecnica per uccidere a Via della Spada.

I primi tre kata sono accomunati dalla guardia di partenza e dal tipo di attacco, simili fra i combattenti, ma ciò che li differenzia profondamente è il fine ultimo dell’esecuzione.

In Ippon­me si è ancora in pieno kenjutsu: l’attacco è mirato a tagliare l’avversario in due.

In Nihon­me, si cerca di disarmare l’avversario, causandogli una grave mutilazione.

In Sanbon­me si realizza il vero Kendo: non una goccia di sangue viene sparsa e i due avversari, nelle parole del Maestro, riconosciuta la gioia del vivere, si allontanano senza aver subito alcun danno.

Questo è il vero Kendo.

La conferenza ha offerto molti altri interessanti spunti di riflessione – un messaggio comunque è stato passato chiaramente: vista l’evoluzione del Kendo verso una attitudine competitiva (certificata dal cambiamento progressivo dei bersagli validi e conseguentemente dalla semplificazione delle tecniche insegnate, apprese ed applicate), il ruolo del Kendo no Kata è fondamentale per mantenere non solo la memoria di un passato cruento, ma per istruire su significati profondi che rischiano di essere trascurati.

La Via della Vita contrapposta alle tecniche di morte: non è esattamente un concetto da prendere alla leggera o da relegare alle chiacchiere post­keiko.

E’ altresì la motivazione primaria per cui il Kendo è stato preservato – e perchè ha assoluta superiorità morale su kenjutsu e affini.

Dalla conferenza siamo passati al Mawarigeiko fra tutti partecipanti.

credits – Muruyama Kouichi

La platea era vasta, un sessantina di persone: erano presenti i redattori di Kendo World, alcuni dei partecipanti al Seminario di Kitamoto, alcuni bekkasei (studenti del programma annuale) della International Budo University, nonché studenti ed amici dei Maestri presenti.

Il Mawarigeiko è durato circa quranta minuti, con incontri di tre minuti ciascuno e ci ha permesso di incrociare la shinai con un buon numero dei partecipanti.

credits – Donatella Castelli

Dopo una brevissima pausa, Jigeiko con i Maestri: ho rivisto con grande piacere il Maestro Hirakawa, il Maestro Ono e il Maestro Masago.

Ho potuto fare keiko con il Maestro Nagao, della Università Meiji, persona amabilissima, che ha messo a disposizione di nuovo il suo favoloso dojo per le prossime edizioni del keikokai.

La pratica su un ottimo pavimento e in una temperatura ideale (che raramente si sperimenta in Giappone, tranne che in primavera avanzata, vista la tendenza a rifuggire da riscaldamento o aria condizionata in tutte le circostanze) è stata fin troppo breve.

Ci siamo trasferiti al sesto piano del palazzo del campus, per il rinfresco e per qualche scambio di meishi.

Il Maestro Inoue ha ricevuto un riconoscimento da parte del team editoriale di Kendo World, per la sua costante partecipazione e per l’incoraggiamento sempre profuso verso la testata.

credits – Donatella Castelli

Ricchi premi e cotillons per (quasi) tutti, tanto per completare la parte formale del party.

Inutile dire, si è poi proseguito il keikokai al pub irlandese dietro l’angolo, in puro stile “secondo dojo”.

Donatella Castelli