Kendo nelle Marche


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Stage femminile a Calcinato (BS)

Oggi pubblichiamo il report scritto per noi da Sarah Bertozzi del Heki Sui Kan di Rimini che, assieme ad Emanuela Muratore, ha partecipato alla tappa bresciana del “Progetto Nazionale Femminile Kendo”.

Il panorama del kendo offre tantissime occasioni di pratica in questo periodo, noi del dojo di Rimini abbiamo colto quella offerta dall’iniziativa del progetto di kendo femminile tenuta da Angela Papaccio a Calcinato il 3 e 4 Maggio.

credits – Sarah Bertozzi

E’ chiaro che non esiste un kendo femminile e maschile, il kendo non conosce differenze legate a genere, età e livello di pratica, ma noi donne spesso, nel nostro dojo e durante la partecipazione a seminari, ci troviamo a confrontarci con kendoka fisicamente più alti e muscolosi. Per questi motivi Angela ha voluto porre attenzione sulla valorizzazione di alcuni punti su cui lavorare per migliorare il nostro atteggiamento nella pratica quotidiana.

Durante la giornata di Sabato dopo il riscaldamento e vari esercizi a corpo libero volti a migliorare il controllo del corpo e dell’equilibrio, Angela ha proposto degli utilissimi e divertenti esercizi per migliorare il lavoro di braccia e gambe con l’ausilio di copertoni di bicicletta.

Terminato il riscaldamento, a coppie abbiamo fatto esercizi di suburi e kihon, utilizzando tecniche di oji-waza. Quello che Angela ha specificato più volte durante la pratica è che l’obiettivo del seminario non era quello di insegnare la corretta tecnica nel portare i colpi, lavoro che viene fatto quotidianamente nei nostri dojo, piuttosto quello di sviluppare quei colpi con unità di spirito, agilità nel movimento di gambe e bacino e velocità delle braccia.

Il pomeriggio è terminato con un mawarigeiko in cui eravamo suddivise per grado di esperienza e i motodachi potevano colpire solo con un colpo
prestabilito, ottima occasione per studiare le tecniche di oji-waza per chi era nel ruolo di kakarite e per concentrarsi nel trovare la giusta opportunità per attaccare per chi faceva il motodachi di turno.

credits – Sarah Bertozzi

Sarah Bertozzi  – Heki Sui Kan Rimini

kendorimini.wordpress.com

Il resto del diario lo trovate direttamente sul sito a questo link


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Dell’agonia del kendo femminile italiano

Donatella Castelli non ha certo bisogno di presentazioni né in ambito nazionale né in quello internazionale. Ritengo giusto riportare integralmente un suo articolo pubblicato recentemente sul blog “Le Donne del Kendo” in cui, con una franchezza che raramente capita di trovare, denuncia uno stato di cose abbastanza preoccupante per il kendo al femminile. C’è di che riflettere.

“E il poverin, che non se n’era accorto,
ancora combatteva ed era morto”
Torquato Tasso, Gerusalemme Liberata, Atto IV°, cap. XVII.

Come un amico mi ha fatto notare, e’ da un po’ che non faccio molto sul blog delle Donne del Kendo. Dopo Atene, infatti, il piatto piange. Purtroppo ho appena saputo che il seminario di Sato Rie che si tiene da dieci anni a Witten e’ stato cancellato, a causa di motivi di salute della maestra Sato (che ha comunque promesso di tornare non appena si sara’ ristabilita, portandosi Horibe sensei come aiutante di lusso). Ancora mi mordo le mani per non essere potuta andare al seminario del maestro Sumi a Rickmansworth: Fujita sensei, il mio modello, un kendo femminile da sogno, era presente ed ha tenuto il seminario per le ragazze (e non solo) – mi piange il cuore al solo pensiero.
Quindi in un momento di horror vacui, mi dedico a considerazioni sul kendo femminile in generale.
Kate Sylvester, che collabora con Kendo World, membro della squadra femminile australiana, mi ha chiesto tempo fa qualche dato sulla pratica delle donne in Europa. Ho recuperato i numeri del kendo Italiano, Olandese e Greco, tanto per stare su campi che ben conosco.
I risultati sono stati agghiaccianti – non tanto per l’Italia, quanto per tutte e tre le nazioni, ben diverse per storia e contesto. Se le donne sono una percentuale fra il 14 e il 20 per cento della popolazione praticante (e gia’ questo la dice lunga sulla accoglienza del mondo del Kendo verso le donne), le yudansha sono fra il 3 e 5 per cento delle praticanti, quando fra gli uomini la percentuale sul totale si attesta fra il 27 e 45 per cento. Non solo poche, ma anche di qualita’ bassina.
La ricerca e’ stata fatta in modo brutale, sui numeri puri, senza poter verificare la suddivisione in fasce di eta’ e volutamente senza considerare storie individuali (anche se posso dire di poter conoscere buona parte di queste…e alcuni nomi sono ancora nelle liste per fedeltà, più che per convinzione). Secondo me ci sarebbe di che pensare.
Quello che comunque fa riflettere e’ la situazione delle yudansha italiane – basta contare sul sito CIK. Al tempo della mia verifica le donne erano 227, le yudansha 73, su un totale di 1415 iscritti CIK per il kendo.
Suddivise le yudansha per grado, la situazione e’ di facile interpretazione:

Rokudan: 3
Godan: 6
Yondan: 8
Sandan: 14
Nidan: 22
Shodan: 20

Quello che preoccupa sono i numeri ridicoli dei gradi bassi – l’estinzione comincia così, con la bassa natalità. Non ci vuole una specializzazione in biologia per capire che stiamo diventando una razza da proteggere.
E quindi? A questo punto si potrebbero cercare delle responsabilità, in perfetta vena italiana.
La colpa è delle donne del kendo? E quando mai hanno avuto voce in capitolo sulle politiche espansive della CIK?
La colpa è della Commissione Tecnica? Ma se si occupa della Nazionale, già riesce a fare tanto – e comunque la Nazionale pagherà questa situazione giusto il giorno dopo i Mondiali di Novara, per raggiunti limiti di età.
E’ colpa sicuramente della Società, allora: nel Paese delle Veline, se non puoi essere certa di non rovinarti la lacca delle unghie, sei nessuno, forse?
E se fosse colpa delle società, quelle con la lettera minuscola, dei dojo? Qualcuno si è mai preoccupato di capire perché alcuni dojo sono più al femminile di altri? Perché clubs che avevano stupendi gruppi di praticanti femminili hanno dilapidato il patrimonio nel giro di poche stagioni?
Io non ho risposte certe da proporre, anche se posso avere delle opinioni, a cui sono intitolati tutti – certamente mi piacerebbe vedere che le domande sono almeno prese in considerazione e che qualcosa di concreto sia allo studio e all’attuazione. Le quote rosa, nel Kendo, esistono già, in un certo senso. Speriamo solo di riuscire a raggiungerle in un futuro non troppo lontano.

PS: questo post è una provocazione, se qualcuno avesse un dubbio: e se nessuno la raccoglie, beh, forse l’agonia è bella che finita. R.I.P.