Kendo nelle Marche


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Viaggio in Giappone – T.Cambi – 2° parte

Dopo aver preso il treno (direzione Aeroporto del Kansai) in mezz’ora circa sono arrivato a Kumatori dove – in base all’ultimo scambio di mail – Kanzaki sensei in persona è venuto ad accogliermi.

Kumatori è una zona estremamente tranquilla, tradizionale e completamente diversa da Osaka.

Dalla stazione all’università sono circa 15 minuti in bicicletta in discreta pendenza, e molti dei 2500 ragazzi iscritti all’università usano questo mezzo di trasporto tutti i giorni: come ospite me ne è stata gentilmente fornita una, e grazie ad essa posso spostarmi con una discreta libertà di movimento nei momenti liberi.

L’appartamento in cui risiedo è la Guest House dell’Università a meno di due minuti dal complesso, un ambiente estremamente sobrio ma fornito di tutto il necessario per sopravvivere e vicino a due supermarket dove poter comprare quel che serve. Il costo è davvero irrisorio, l’ambiente tenuto pulitissimo, lavatrice e asciugatrice a disposizione… Un’ottima sistemazione davvero!!

L’Università è più piccola di quanto mi aspettassi visto il numero di iscritti ma riesce a concentrare negli edifici centrali qualunque genere di ambiente sportivo riesca a concepire, oltre che naturalmente ad un buon numero di aule universitarie.

Ma veniamo alla parte interessante, ovvero gli allenamenti: ci si allena una volta al giorno (due volte tre giorni a settimana ora che sono cominciati i corsi) per circa due ore e mezza ogni volta. Ci sono sui 30/40 ragazzi ed una ventina di ragazze provenienti da tutto il Giappone.

Altezza e corporatura medie sono notevoli, ma come si può ben immaginare sono tutti in possesso di un’agilità ben superiore a quella del tipico kendoka europeo! Inutile dire che il livello minimo all’interno del Dojo è Sandan o Yondan, e che ogni allenamento viene affrontato con la serietà di chi pratica quest’arte marziale sin dalla più tenera età.

Si arriva nel Dojo circa 30′ o 45′ prima dell’orario specificato, ci si veste (kendogi, hakama e bogu sono perfettamente asciutti, ancora caldi dalla stanza dedicata attigua al Dojo) e ci si medica mani e piedi.

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Già perché con questi ritmi è impensabile che qualcosa non si spacchi o si tagli, e confesso che i primi tempi riuscire ad effettuare medicazioni che resistessero all’allenamento si è rivelato un problema. Fortunatamente osservare questi studenti e le soluzioni che impiegano mi ha dato consigli preziosissimi che conto di portare in Italia se ne avrò l’occasione.

A questo immancabile rituale segue una mezz’ora circa di riscaldamento libero (suburi a piacere, studio personale del fumikomi, ecc…) quindi si parte.

Il menù è molto classico: suburi, saluto, vestizione dell’armatura e keiko.

Una volta messo il men si procede con un buon numero di Kirikaeshi, Kihon-waza, tecniche Oji e Hiki per poi arrivare al Jigeiko, in genere sui 45′-50′.
Può sembrare un tempo enorme, ma con figure del calibro di Kanzaki-sensei, Sakudo-sensei e Morioka-sensei allineati e pronti a trasmetterti consigli preziosissimi ad ogni occasione le lancette dell’orologio corrono sempre troppo veloci!

Ultima ma non trascurabile parte sono 15 minuti di Kakarigeiko… E con mio grande stupore ho visto un’energia e un ritmo tali da rendere estremamente sostenibile pure questa parte dell’allenamento!

L’affiatamento del gruppo è qualcosa di straordinario, un mondo diversissimo dalle realtà italiane.

Poche parole, punti momenti di pausa.

Si spreca poco tempo e appena finisce un esercizio si corre per mettersi in posizione per quello successivo… E se avanza fiato, lo si usa per incoraggiare chi sta faticando mentre si attende il proprio turno.

Questo fornisce carica e grinta non solo agli altri, ma anche a sé stessi.

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Una cosa che sinceramene non mi aspettavo è che tutti – quando me li trovo davanti – mi permettono di praticare al mio livello, senza pretendere una forza, un ritmo o una tecnica che in tutta onestà non avrei le capacità di offire loro. Sanno di trovarsi davanti uno Shodan e in base a questo mi permettono di crescere e di praticare efficacemente.

Data la frequenza degli allenamenti non ho tantissime occasioni per andare in giro come turista (al massimo per mezza giornata), ciononostante Kanzaki-sensei e sua moglie sono stati incredibilmente gentili e disponibili invitandomi fuori ogni qualvolta ne avevano l’occasione e permettendomi di vivere aspetti della realtà giapponese che come turista difficilmente sarei stato in grado di sperimentare.

Che altro posso dire? Dopo quest’esperienza mi auguro davvero di poter ripetere un viaggio del genere quanto prima, e consiglio un periodo di pratica universitaria a tutti coloro che hanno davvero interesse a divenire bravi Kendoka e persone migliori!
A mio parere si tratta di una tappa fondamentale per un praticante motivato: provando a vivere un ritmo del genere si comprende davvero bene quanto spirito di sacrificio e energie questa disciplina richiede.

Oltre a questo in un ambiente di alto livello e con alcuni tra i migliori docenti al mondo ad indirizzarti al meglio, si riesce a sentire con grande chiarezza cosa voglia dire “crescere” come Kendoka.

Tommaso Cambi – Ittoryukai Firenze

http://www.ittoryukai.it

 

Tommaso, che rientrerà tra pochi giorni, scriverà l’ultima parte del suo diario che pubblicheremo come chiusura a questo suo interessante diario.

V’informiamo sin da ora che abbiamo quasi pronto un altro diario. Un amico già in Giappone da qualche mese, ci racconterà diversi aspetti della sua permanenza in terra nipponica. Kendo sì, ma non solo…


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Viaggio in Giappone – T.Cambi – 1° parte

Aveva preannunciato sul nostro canale Facebook un contributo alla comunità di kendo italiana grazie ad un diario scritto da un nostro amico dell’Ittoryukai di Firenze che aveva programmato un bel viaggio nel nostro amato Giappone.

Non è la prima volta che ospitiamo questo tipo di racconto; fu infatti Francesco Paterlini, che ha da poco scritto un bel report sullo stage tenuto da Christian Filippi, a raccontarci ad esempio il suo viaggio in terra nipponica proprio qui e qui.

Il diario di Tommaso ha subito un po’ di ritardo a causa di alcuni problemi che però sembrano in gran parte superati.

Buona lettura.

E così eccomi in Giappone.

Premetto che sono stato fortunato, avendo avuto ad accogliermi all’aeroporto di Osaka non una, ma ben due persone.

La prima -Italiano e del mio stesso Dojo- Christian Cambi era in Giappone in questo periodo per motivi familiari mentre la seconda, Mari Hinamori, vive e lavora proprio qui. Prevedibilmente l’impatto è stato piuttosto forte, sebbene l’aver trascorso i primi 4-5 giorni a Namba ha mitigato parecchio la cosa. Namba è uno dei quartieri centrali di Osaka e probabilmente uno tra quelli meglio attrezzati per accogliere i turisti, come ho potuto apprezzare constatando la quantità di segnali e istruzioni in Giapponese e in Inglese.

Ciò che colpisce un italiano come me è sicuramente l’ordine e la precisione che caratterizzano molti aspetti della vita di questo paese. Dalla viabilità (Treni e metropolitana, i bus sono un capitolo a parte… purtroppo) allo stato immacolato dei servizi igenici, agli occhi di un turista il Giappone costituisce sicuramente la terra dei sogni.
Anche il cibo, specialmente la facilità con cui reperirlo, si è rivelata una sorpresa molto positiva.
In qualunque posto dove ti trovi, non importa quanto sperduto esso sia, troverai sempre (a) distributori automatici di bevande fredde e calde di qualità tutto sommato accettabile (b) locali economici e non specializzati in un certo tipo di cucina e (c) Convenient Stores forniti di tutto l’occorrente per sopravvivere.
Se poi contiamo che esistono interi isolati come Tenma (consigliatissimo a tutti, scoperto grazie al suggerimento di un’autoctona qual è Mari!), un reticolo di vie composte solo da minuscoli locali ognuno con le proprie specialità è facile capire come mai il rischio maggiore sia quello di finire i soldi in cibo e bevande varie!
Al contrario, i negozi caratteristici e più specifici sono un incubo da trovare essendo gli indirizzi di qui composti da 4-5 nomi in media (quartiere, area, isolato, edificio e ogni tanto pure il piano!), quasi sempre in Kanji.
Non è un caso che TUTTE le persone cui ho chiesto informazioni erano dotate di navigatore… E non è detto che questo sia sempre un bene, vista la frequenza con cui la gestione dei locali tende a cambiare!
Se siete sicuri che un certo locale sia nei paraggi, trovate il classico “vecchino di quartiere”. Come tutti i Giapponesi sarà disponibilissimo ad aiutare un turista sperduto e le sue indicazioni saranno accuratissime!
Ve lo posso confermare per esperienza diretta.
Cambi Kendo Firenze Pesaro Fano
Per tutti i kendoka in ascolto, i negozi dedicati alla nostra disciplina ad Osaka si contano sulla punta delle dita e trovarli è un’impresa. Qui di seguito allego i dati di quello che sono riuscito a trovare (professionale come ogni buon giapponese, il proprietario viene spesso per lavoro a Milano e parla un buon inglese) con indirizzo aggiornato.
Il bogu me lo son portato da casa, ma l’acquisto di un paio di Shinai e di una borsa porta-bogu di dimensioni umane era d’obbligo.
Kameda Budogu
Tanimachi 4-9-6
Chuo-ku Osaka

www.kameda-budogu.jp/

Tommaso Cambi – Ittoryukai Firenze

http://www.ittoryukai.it

 

Rimanete sintonizzati per la seconda parte 😉


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Enbu Taikai – Video

  English version

Con enorme ritardo siamo riusciti a preparare artigianalmente sia i video delle performance di apertura e chiusura della dimostrazione a cura di Mugen Yahiro, che una raccolta di highlights dei 5 incontri sfruttando il materiale video che avevamo.

L’idea di ritagliare uno spazio dimostrativo l’abbiamo introdotta qui, ed il risultato è andato oltre le nostre più rosee aspettative.

Desideriamo quindi ringraziare nuovamente tutti i partecipanti per la disponibilità dimostrata nell’accettare l’invito a quest’esperimento che era alla sua prima edizione!

Grazie a Franco Sarra, Dorian Pungetti, Andrea Li Causi, Bernardo Cipollaro, Christian Filippi, Enrico Monaco, Tomaso Boscarol, Leonardo Brivio, Mirial Livolsi, Angela Papaccio e Stefano Betti.

Grazie soprattutto per aver offerto un bellissimo esempio di kendo.

 


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Beatrice Palma per il “6° Trofeo dell’Adriatico”

Beatrice Palma è un’amica che abbiamo coinvolto nello staff per la 6° edizione del Trofeo in qualità di fotografa.

Come per noi il Kendo, Beatrice vive il suo “hobby” con passione e dedizione. Il sabato del Trofeo era influenzata, ma pur di mantenere l’impegno preso con noi, è rimasta fino a tardo pomeriggio per immortalare le premiazioni.

Credits – Beatrice Palma

credits – Beatrice Palma

credits – Beatrice Palma

credits – Beatrice Palma

credits – Beatrice Palma

Non le abbiamo detto molto sul Kendo, l’unica indicazione che le abbiamo fornito velocemente e senza troppi dettagli è stata di cogliere le espressioni delle persone presenti e cercare di catturare lo spirito durante la gara.

Tutto e niente per una persona che non conosce il Kendo.

A nostro modo di vedere, Beatrice si è spinta oltre, e siccome merita davvero attenzione per il lavoro svolto, invitiamo tutti i curiosi di visitare la sua pagina Facebook e di scoprire che non è brava solo ad immortalare il Kendo…

Converrete con noi che è riuscita a cogliere dettagli del Kendo decisamente interessanti; se avete apprezzato il suo lavoro lasciatele un commento.

A suo modo è una kendoka anche lei 😉

Grazie mille Bea!

Le foto ufficiali sono disponibili al seguente link.

http://www.facebook.com/media/set/?set=a.481393138632559.1073741831.481363665302173&type=1

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Chi si è perso il racconto del 6° Trofeo dell’Adriatico “visto da dentro” lo ritrova al seguente link

http://ikendenshin.wordpress.com/2014/02/21/il-6-trofeo-delladriatico/