Kendo nelle Marche


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Diario di un primo viaggio in Giappone – 1° puntata

Il progetto DOJO prosegue grazie al contributo del nostro amico Francesco Paterlini che ringraziamo sin da ora per la disponibilità e la cura del diario che ci ha donato  ;-).

Dopo il report di Raffaele Calogero sul suo viaggio a Singapore, rimaniamo in Asia per leggere un report in due puntate riguardo un viaggio nel paese in cui il Kendo è nato e si è sviluppato fino ad essere ancora oggi il riferimento per lo studio e la pratica, il Giappone!!

Buona lettura.

Un ringraziamento al team di Kendo nelle Marche per avermi dato la possibilità di scrivere del mio primo viaggio in Giappone nelle vesti di praticante di kendo e di turista. Per ovvi motivi non vi parlerò della bontà della cucina di Kyoto o della maestosità dei templi del parco di Nara, ma solamente della parte del viaggio riguardante la pratica del kendo.

Ok partiamo! Gli allenamenti hanno caratterizzato solo la prima settimana di viaggio per un totale di 6 serate di allenamento di cui: 2 a Nara nella palestra del Maestro Inoue, 4 a Numazu ( pref. Shizuoka) di cui 2 nella palestra del liceo dove il Maestro Koyama è responsabile della classe di Kendo, uno in un dojo di una fabbrica e  un altro in un dojo situato in un centro sportivo polivalente.

Allenamenti a Nara

La prima cosa che notiamo scesi dall’autobus è la grandezza del Dojo, situato appena fuori Nara nelle vicinanze di un lago artificiale. Il M° Inoue ci guida attraverso la struttura verso lo spogliatoio, che merita di essere descritto nel dettaglio, uno stanzone climatizzato con tatami sul pavimento, le pareti completamente occupate da loculi dove sistemare l’armatura dopo la pratica e un grande attaccapanni con una fila interminabile di grucce dove appendere hakama e gi fradici per lasciarli asciugare. Una volta pronti entriamo nella sala di allenamento per assistere al riscaldamento e alla prima parte dell’allenamento dei bambini delle scuole elementari ( dai 6 agli 11 anni). 

credits – Francesco Paterlini

Iniziano con già indosso tare e do e nei primi 10 minuti fanno suburi, per poi passare al kihon di tecniche di base tutte portate con uno spirito tremendo e un kiai assordante. Finita la parte di kihon entriamo noi per fare da motodachi nel kirikaeshi e nel kakarigeko. Fare da motodachi ai bambini non è per niente facile: infatti per permettere loro di colpire dobbiamo muoverci molto velocemente accovacciati sulle ginocchia ( i bambini delle elementari sono schegge con indosso hakama e gi e  non è per niente banale riuscire a stargli dietro ; )  ). Finite le serie ci facciamo da parte e osserviamo i piccoli campioni nel jigeiko fra di loro, le tecniche lasciano un po’ a desiderare in quanto a pulizia, ma lo spirito è fortissimo aiuchi men fino allo sfinimento e poi ogni colpo, anche quelli fuori bersaglio, tirati con l’energia di un ippon da mondiale.

credits – Francesco Paterlini

Con la seconda parte dell’allenamento, alla quale partecipiamo per intero, subentrano una decina di settimi dan, i ragazzi del liceo e alcuni universitari. Suburi, kirikaeshi, kihon con tecniche passanti e poi via verso un’ora buona di Mawarigeiko.

credits – Francesco Paterlini

Stessa cosa il giorno dopo, ma con un’oretta di kata con il maestro Inoue in persona ( una sorta di lezione privata) che ci mostra uno ad uno i punti da migliorare o cambiare radicalmente nella nostra esecuzione delle figure, in particolare le spiegazioni si sono soffermate sullo spirito con cui eseguire i kata: sempre pieno, come se si stesse affrontando un vero combattimento. In seguito indossiamo il bogu per compiere un breve riscaldamento seguito da serie da 5 di tecniche di base passanti. Concludiamo con un’ora di Mawarigeko con i settimi dan presenti. Alla fine del Jigeiko ogni motodachi dedicava un minuto per spiegare i punti da rivedere e da migliorare nel combattimento appena fatto. In generale più spirito e più zanshin (che sono le cose più difficili da modificare), per quanto riguarda l’aspetto tecnico il consiglio si può riassumere in tre parole: “keiko, keiko, keiko”.

Qualche parola sul maestro Inoue. Nel nostro periodo di permanenza a Nara ci ha fatto da guida fra i vicoletti della città vecchia e la zona dei templi, portandoci anche a mangiare in un paio di ristorantini niente male. Abbiamo avuto anche il tempo di farci raccontare un po’ della sua vita: avvocato per una grande azienda, Inoue è uno dei pochissimi ottavi dan (e penso l’unico Hanshi) a non far parte delle due istituzioni che sfornano maestri e campioni di kendo, ovvero le università e le forze di polizia, e nonostante ciò è riuscito ad arrivare ai vertici del kendo. Un “civile” come tutti noi insomma ; )

to be continued… 😉


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Kangeiko 2010 – Le foto

Dopo averlo presentato e raccontato con la nostra “voce”, è giunta l’ora di farvi vedere qualche foto scattate da Sanae e gentilmente donataci da Gabriele dello scorso Kangeiko 2010 😉

Mokuso

La spiegazione dei Kata nei 3 gruppi…

Inoue Sensei

Kanzaki Sensei

Furukawa Sensei

Keiko

ed uno zoom sui Maestri dalla foto di gruppo

Delegazione Giapponese Kangeiko 2010 di Kendo


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Kangeiko 2010 – reportage

Vi ringrazio per avermi dato la possibilità di visitare il vostro splendido Paese. E’ stato un onore poter partecipare a questo evento.

Io ho 56 anni, non so se vi piace, ma in ogni caso quello che vedete è il risultato di un Giappone giovane, il risultato di ciò che il Giappone ha prodotto su di me in 56 anni di vita.

Ho 56 anni, come detto, e adesso inizio a praticare veramente il kendo, non sto scherzando, è così e finché i miei piedi continueranno a muoversi io continuerò a fare di tutto per tramandare il vero kendo, il kendo delle origini.

Il vostro kirikaeshi è molto bello, ma è privo di efficacia, così come i vostri waza. Ho osservato anche le sessioni di pratica dello iaido e, mi scuso se qualcuno si offenderà, ma non ho visto nessun taglio portato con efficacia. L’efficacia di cui parlo non si acquista con la tecnica, ma con la creazione di uno spirito forte.

Termina così lo stage del Kangeiko 2010 con un Furukawa severo e duro. Le sue parole rispecchiano il suo modo di considerare il kendo, la sacralità di ciò che si sta facendo e la consapevolezza di essere uno di coloro che oggi ha il peso di tramandare una tradizione. Una tradizione che racchiude lo spirito di un popolo intero.

La sue parole rimangono in mente a lungo, amplificate da quello che abbiamo visto in precedenza nel corso della giornata.

Andiamo con ordine.

Quest’anno avevamo deciso di non perderci l’evento vista la delegazione giapponese invitata. Anche se soltanto per la giornata di sabato, ma la volontà di esserci era forte. Partiamo alla volta di Modena. L’inizio dell’allenamento fortunatamente è previsto per le ore 11:15 e la cosa ci consente il lusso di prendercela comoda (considerando ovviamente i nostri standard in ambito trasferte) e arriviamo addirittura un po’ in anticipo. La cosa era stata anche programmata, a dire il vero, in modo da poterci godere degli scorci della sessione mattutina di iaido.

All’arrivo subito incontriamo dei cari amici, il mondo del kendo in Italia è piuttosto piccolo. E’ un po’ come vivere in un paese di 2000 abitanti (quelli che partecipano agli eventi sono molti di meno). Tutti si conoscono e..sapete com’è… queste occasioni danno tanto l’idea del pranzo di famiglia.

Ci cambiamo e dopo 20 minuti entriamo sul parquet (ottimo davvero) per iniziare l’allenamento del mattino. Siamo tanti e per il saluto iniziale ci dobbiamo disporre su tre file che ricoprono tutta la lunghezza del palazzetto.

Lorenzo Zago, che coordina i movimenti delle truppe, ci dà le prime indicazioni sul da farsi.

La prima ora sarà dedicata allo studio dei kata.  Veniamo divisi in tre gruppi in base al grado, ogni gruppo viene seguito da un Sensei.

Il nostro gruppo è seguito da Inoue Sensei e da Lorenzo Zago. La pratica è piuttosto libera. Inoue Sensei indica il kata da eseguire (dal 1° al 7°) e dà l’hajime. Tutto sommato è abbastanza soddisfatto del livello medio presente. Man mano che la pratica procede ci vengono mostrate alcune parti di vari kata. Per il resto le indicazioni e le correzioni sono poche e più che altro si pensa a ripetere, ripetere e ripetere ancora. Inoue ci dice che il fatto di pensare la sequenza dei movimenti mentre li stiamo eseguendo non ci permette di concentrarci sulla loro correttezza e il kata risulta imperfetto. Dobbiamo ripetere i movimenti fino ad interiorizzarli. A questo scopo ci dice anche che chi non ha la fortuna di avere un Maestro ne proprio dojo, può avvalersi dei filmati dei kata della Zen Nippon Kendo Renmei imitando ciò che vede (buono a sapersi).

Inoue Sensei insiste sull’importanza dei kata. Ci racconta che lui stesso, così come tutti gli altri alti gradi, iniziano l’allenamento con mezz’ora di kata. Questo a suo parere è fondamentale per comprendere ed imparare un corretto kendo con l’armatura. Kata e keiko non sono pratiche separate, ma sono due dimensioni che si compenetrano l’un l’altra. Ciò che apprendiamo nei kata non deve essere dimenticato quando facciamo keiko con l’armatura, anzi, è proprio in quel momento che ci serve di più. La cosa più importante appresa con i kata è Mawai. Il concetto non è così semplice. Potrebbe essere tradotto con la comprensione della reciproca distanza tra i due avversari. Nel kendo mawai è così fondamentale da annullare qualunque differenza fisica tra i contendenti. Non importa se si è donne o uomini, giovani o vecchi, forti o deboli, chi avrà acquisito una migliore comprensione di mawai avrà la meglio.

Terminiamo la pratica dei kata e mettiamo le armature per l’ultima ora di keiko della mattinata. Anche in questo caso è Inoue Sensei che guida l’allenamento costituito dall’esecuzione dei nove Kihon no kata con armatura e shinai.

Finiamo la sessione della mattina alle 13:15 a dire il vero poco sudati e via di corsa al ristorante. Pizza, birra, dolce e caffè. La cosa si rivelerà fatale con appesantimento diffuso, cervello compreso (come al solito).

Tornati in palestra facciamo in tempo a vedere un po’ della seconda sessione di iaido e via di nuovo in armatura.

Il team della nazionale, dopo il suo allenamento, si aggrega al gruppone per la sessione del pomeriggio. L’allenamento questa volta viene condotto da Furukawa Sensei. La pratica è sicuramente più dinamica. L’attenzione viene sempre posta sulle tecniche di base che col passare del tempo vengono collegate in sequenze più complicate. Colpi singoli + kirikaeshi, colpi doppi + kirikaeshi, tsuki, tsuki men, aiuchi men. Gli esercizi vengono spiegati e mostrati da Furukawa mentre Inoue fa da supervisore. I due invitano anche i nostri più alti in grado a mostrare l’esecuzione di tali tecniche dando consigli e facendo correzioni.

Anche la sessione di keiko, con qualche momento di appannamento vista l’intensità più elevata, fila via liscia e ci avviamo a concludere l’allenamento con mawarigeiko e jigeiko. Per il mawarigeiko i motodachi (tutti dal 5 dan in su) si dispongono su due file al centro del parquet e gli altri ruotano all’esterno. Visto il numero di praticanti l’ultima ora la passiamo più a fare la fila che a combattere.

Come un po’ per tutto il seminario più che la pratica, il valore aggiunto è stato il poter osservare Inoue e Furukawa in azione.

Inutile a dirlo, ma sono di un altro pianeta. Tanto amabili e scherzosi senza armatura quanto spietati ed esigienti durante la pratica. Guardandoli in azione (non ho avuto la possibilità di fare jigeiko seriamente con nessuno dei due) ho avuto per la prima volta la sensazione do poter rischiare del male fisico.

Furukawa Sensei durante le dimostrazione delle diverse tecniche ci ha mostrato una morbidezza spaventosa delle mani associata ad una efficacia e velocità straordinarie. I suoi colpi sono colpi forti e taglienti. Tutti quelli che gli sono capitati sotto mano sono stati triturati. Chiedere ai vari motodachi che durante le spiegazioni si sono beccati colpi a ripetizione. Ogni colpo era portato con una decisione ed una intensità inaudita. La dimostrazione di tsuki è stata stupenda e tremenda allo stesso tempo con il motodachi che ad ogni colpo rischiava di essere catapultato a terra. Ho capito che quando sento racconti di Sensei che con uno tsuki ti fanno volare per terra devo prendere la cosa molto sul serio.

Fin qui l’antipasto, il vero show è stato il jigeiko in cui Furukawa col sorriso in volto ha maltrattato chiunque gli sia capitato sotto senza sconti per nessuno. Anzi il trattamento è stato più duro (come logico) nei confronti dei nostri più alti in grado e dei nostri più bravi agonisti. Non ho mai visto volare a terra così tanti praticanti come in mezz’ora di jigeiko con Furukawa. E non sto parlando degli ultimi arrivati, ma dei più bravi kendoka in Italia. Con una semplicità disarmante riusciva a neutralizzare ogni attacco mantenendo un centro fortissimo e controllando con tsuki ogni azione. Uno spirito fortissimo unito ad una tecnica e precisione disarmante.

video di http://kendodream.blogspot.com/

Va beh, il Kangeiko a me è sicuramente servito a capire una cosa. Che esiste una differenza enorme tra noi comuni mortali e i più alti gradi e agonisti italiani e che esiste una differenza ancora maggiore tra questi ultimi e tali demoni Giapponesi.

La strada è talmente lunga che non si riesce nemmeno a scorgerne la metà.