
credits – Emanuela Muratore
Raramente scriviamo post a titolo personale ma oggi facciamo un’eccezione.
Il weekend appena trascorso è stato molto intenso e non riusciamo a raccontarlo come un reportage richiederebbe (anche se effettivamente il blog non è assolutamente un giornale).
Sabato mattina attendo al casello di Cattolica l’arrivo di Marco e Paolo in arrivo da Porto San Giorgio per recarci assieme a Modena così da immergerci nel tradizionale Kangeiko di Kendo.
La delegazione di quest’anno vedeva la presenza di Shinotsuka Sensei, Iida Sensei ed Hirakawa Sensei che ha guidato l’intero seminario.
Come ha giustamente ricordato il Presidente Moretti, Nobuo Hirakawa (Kendo 8°dan kyoshi) è una parte importante del Kendo italiano ed ha contribuito assieme ad altri maestri giapponesi affinchè la nostra comunità crescesse con delle solide basi.
Non siamo quindi nuovi agli stage di Hirakawa Sensei; sappiamo quanto siano duri dal punto di vista fisico come non da meno dal punto di vista tecnico. Occorre a tutti gli effetti anche una buona predisposizione mentale per apprezzarne pienamente il gusto. Ogni esercizio prevede almeno 2 o 3 varianti che Hirakawa illustra durante la spiegazione e che possono disorientrare i praticanti.
A questo va aggiunto che le tecniche sono molto complesse e non troverebbero una facile applicazione durante un jigeiko od uno shiai. Ho sempre pensato infatti che questi esercizi siano profondamente propedeutici ad una pratica priva di forza e rigidità in favore della scioltezza, sia fisica che mentale.
Certi movimenti, se non si è veramente sciolti, non si riescono affatto a portare a termine.
Si scopre allora che oltre alle tecniche perfettamente frontali al compagno, ne esistono a decine che richiedono un significativo tai sabaki.
Il tutto senza sacrificare mai (sottolineato mai!) la postura corretta, vero pallino del maestro Hirakawa.
Anche la stessa impugnatura dello shinai mostrata dal Maestro rimanda al concetto di “apertura”. Braccia aperte per chiudere le scapole così da evitare irrigidimento a livello delle spalle, ed impugnatura dello shinai partendo dai mignoli.
Non elenco tutte le tecniche o gli esercizi provati perché ci perderemmo sicuramente, ma merita una menzione l’intensità della pratica che ha portato in tutto il weekend a circa 3 ore di jigeiko ed un’oretta scarsa di kakarigeiko!
Poca teoria e tanta pratica verrebbe da dire…
Accanto allo stage avevo un appuntamento importante, l’esame da yondan!
Durante l’intero weekend e compatibilmente con la disponibilità, in mezzo alla pratica sono andato a cercare i maestri, i sempai e gli amici più esperti di me per avere qualche ultimo ragguaglio dopo aver avuto keiko assieme.
Consigli utilissimi (grazie ancora a tutti voi!) che sono riuscito a metabolizzare abbastanza velocemente per l’esame di domenica.
Tre anni fa mi trovavo sempre a Modena per l’esame di 3° dan superato sotto gli occhi dei Maestri Inoue, Kato, Furukawa, Nakano e Hongo.
Chiusi quel report così:
Nell’attesa dei kata assisto agli esami di 4° e 5° dan e rimango basito quando escono i relativi risultati. Solo 4 promossi nei 4° dan e nessuno nei 5° dan. Capisco che l’esame di 4° dan è un passaggio cruciale. Un bivio, o meglio un muro, un muro molto alto. Colgo il perchè ad ogni grado, il tempo per sostenere l’esame successivo si allunga. Il muro da scavalcare è sempre più alto.
Effettivamente il muro è alto.
L’ho nuovamente capito questo weekend quando, alla mia risposta sul fatto che “sì” mi sottoponevo all’esame da 4°dan, tutti ribattevano con “E’ la prima volta che lo provi?”.
Non è effettivamente così scontato superarlo al primo tentativo anche perchè le componenti sono tante e si passa da una commissione dove bastano 3/5 di favorevoli a 4/6.
Occorre inoltre un po’ di buona sorte nell’avere dei compagni d’esame che con il loro kendo non “intralciano” la propria performance e ti mettono quindi nelle condizioni di esprimerti al meglio.
Ho trascorso gli ultimi sei mesi a prendere la rincorsa per superare questo muro, facendo dei notevoli passi indietro per cercare di arrivare all’appuntamento senza alcune storture, soprattutto mentali.
Buona parte dell’esame ritengo sia proprio lì.
Non arrivare a colpire prima dell’altro a prescindere, ma costruire l’azione attraverso una ricerca che può richiedere qualche secondo in più del solito.
Un kendo “consapevole” verrebbe da dire con una battuta…
Entrato quindi nell’area d’esame con molta serenità, ho fatto quello che avevo nel mio bagaglio (tecnico e non solo) senza inventare nulla di sconvolgente.
Appena uscito dai miei due jigeiko e senza ancora i risultati, ero soddisfatto e sereno d’aver mostrato quel (poco) che so fare.
Per la commissione è stato sufficiente e questo mi ha riempito di gioia.
E’ un doppio risultato tra l’altro, perchè oltre ad aver conseguito il 4° dan, ho concluso il percorso per entrare nell’albo istruttori della federazione, rendendo formalmente autonomo, e per la prima volta, un club di Kendo nella nostra regione dal tutoraggio come avvenuto in questi quasi 10 anni.
E’ quindi con un sincero ringraziamento a Salvatore Bellisai e Stefano Betti che ci hanno fatto da tutor in tutti questi anni e ci hanno dato la possibilità di essere ancora qui a sudare a suon di men, che chiudo questo intenso report sul Kangeiko appena concluso!
Grazie infinite!
Alessio Nicolini