Kendo nelle Marche


4 commenti

Intervista a Gianfranco Moretti – 2° ed ultima parte

  English version

proseguiamo l’intervista con la 2° ed  ultima parte dell’intervista a Gianfranco Moretti, Presidente della Confederazione Italiana Kendo, iniziata qui.

*** *** ***

K.N.M.: Tra i pochi testi in lingua italiana sul kendo troviamo quello scritto da lei e pubblicato nel 1988. L’ha riletto recentemente? Cosa prova quando pensa al periodo in cui è stato scritto?

G.M.: Mi piacciono i disegni di Salvatore Bellisai e la foto in ultima pagina dove sono con gli amici (che ho rivisto lo scorso anno) della polizia di Kobe. Per il resto è un libro scolastico che allora andava bene perché quasi nessuno conosceva il kendo e , forse , poteva aiutare un minimo approccio. Sottoscrivo infine la mia pagina iniziale dove spiego sostanzialmente che il miglioramento della tecnica è direttamente proporzionale al numero di volte che si indossa il men come a dire che nessun libro di kendo ci può essere più utile di un buon allenamento nel dojo.

K.N.M.: Anche se non sono passati secoli ma solo pochissime decine d’anni, osservando video di Kendo di quel periodo notiamo che dal punto di vista tecnico sicuramente c’è stata un’evoluzione, o comunque un cambiamento. E’ stato perso qualcosa, tecnico e non, che secondo lei varrebbe la pena recuperare?

G.M.: Il mondo evolve e con lui , ovviamente anche il kendo. Quello che si è naturalmente perso è il legame diretto con i Maestri delle origini , quei noni e decimi dan che i nostri maestri attuali più anziani hanno avuto la fortuna di seguire direttamente ed erano ammantati di un’aura “marziale” che è quasi impossibile scovare oggi anche in Giappone.

K.N.M.: Ci parli dei suoi riferimenti, dei Maestri che l’hanno segnata maggiormente.

G.M.: Come ho detto ho iniziato con Kentaro Miyazaki e senza il primo mattone non si può costruire nulla. Tra l’altro vi comunico in anteprima che al prossimo Kyoto Taikai il mio Tachiai sarà proprio contro il mio primo Maestro (nessuno pensi che vi sia stata pressione sugli organizzatori…). (nd.r. qui il tachiai dello scorso anno)
Ho seguito poi Nobuo Hirakawa che è sempre stato con noi generosissimo di attenzioni ed insegnamenti.

Nei momenti comunque , soprattutto agli inizi , dove non vi erano Maestri giapponesi sempre mi era di grande aiuto l’insegnamento di Azeglio Babbini che forse anche voi avete potuto conoscere anche se ora è un po’ acciaccato.

credits – Shumpukan

Poi ho due cari amici delle cosiddette nuove generazioni che sono Masahiro Koyama e Kazuiko Tani : devo dire che sono molto fortunato nelle amicizie…
Come praticante, atleta della nazionale , responsabile tecnico federale e poi presidente ho comunque conosciuto, frequentato, apprezzato e stimato un innumerevole lotto di Maestri che qui non elenco ma con i quali ho rapporti di stima, spero reciproca, che vanno al di là della mera conoscenza e tutti mi hanno insegnato qualcosa perciò, quando li incontro, non manco mai di ringraziarli.

K.N.M.: Qual è tra tutti i Maestri di nuova generazione che più l’ha colpita e perché?

G.M.: Vi sono tantissimi giovani fenomeni soprattutto al top dell’agonismo in Giappone, passata una certa età alcuni un po’ si perdono ed altri, al contrario modellano le loro doti passando dall’essere un campione al diventare un Maestro: in generale ammiro chi riesce a fare questo passaggio che non è per niente facile e scontato.

K.N.M.: In rete abbiamo letto alcuni articoli e commenti su come manifestare la propria gioia a fine incontro in shiai, anche quando il risultato raggiunto è letteralmente storico come nel caso dell’Italia al 26° EKCQual è la sua opinione al riguardo?

G.M.: La Nazionale Italiana è universalmente riconosciuta tra le più rispettose dell’etichetta, fino all’ultimo chi era dietro alla squadra è stato composto. Quando abbiamo vinto hanno educatamente esultato considerando che, anche giustamente, erano sovrastati da un palazzetto in buona parte “casalingo”. Non vedo quindi nessun comportamento censurabile come non consono al nostro mondo.

credits – winnitravel

K.N.M.: L’Italia ha avuto l’onere o l’onore di ospitare la 15° edizione dei campionati mondiali: sono trascorsi quasi due anni e certe emozioni lasciano sicuramente spazio a maggior lucidità d’analisi. Cosa ha significato per lei quell’esperienza e che tipo di feedback a livello di crescita ha apportato alla nostra federazione quest’impegno di primissimo piano?

G.M.: Grazie anche a quell’evento che per noi organizzatori rimarrà come indelebile ricordo , la CIK gode ormai di un prestigio internazionale inattaccabile . Per quanto riguarda la crescita complessiva io mi auguro che l’aver potuto ospitare un campionato di quel calibro che, ricordo, ha avuto anche un record di presenze (leggi vendita di biglietti) sugli spalti abbia dato una nuova spinta di entusiasmo per chi tra i nostri associati desidera promuovere le nostre discipline.

K.N.M.: Qual è la sua opinione riguardo la possibilità che il Kendo diventi sport olimpico?

G.M.: Non credo che il kendo possa diventare disciplina olimpica e, onestamente, la cosa non mi preoccupa…

K.N.M.: Quale obiettivo si è dato come Presidente CIK e quale come kendoka?

G.M.: Come Presidente il mio obiettivo attuale è quello di lasciare la CIK in buone mani e quindi, insieme al Consiglio, dobbiamo sforzarci di creare una nuova e motivata classe dirigente che ci possa in fretta sostituire.

Come Kendoka mi piacerebbe sempre cercare di migliorare la tecnica e lo spirito ma il tempo passa inesorabile e questo obiettivo è sempre più difficile da perseguire.

Di sicuro almeno una volta proverò a fare l’esame per ottavo dan per poter raccontare ai nipoti di esserci stato.

K.N.M.: Chiudiamo con una curiosità prettamente tecnica di un nostro amico e collaboratore…
Dobari o Koto? E perché?!

G.M.: Dipende dalle tecniche che si prediligono , io uso Dobari , a Voi scoprire le mie tecniche.