Kendo nelle Marche


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Kangeiko – Modena 6-7 dicembre 2014

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kangeiko kendo pesaro parma modena 2014

La domanda che mi faccio alla fine di ogni kangeiko, ma anche quella dopo ogni evento di kendo, è: “che cosa resta?”

In questo caso la risposta potrebbe essere riassunta da tante immagini, il kamae del Maestro Sakudo Masao e il suo modo di muoversi e porsi davanti a noi, le parole del Maestro Hanazawa Hiroo nella mattinata prima degli esami o nella pazienza e il viso sereno del Maestro Nasu Nobuo. Oppure ancora nella volontà di tutti e tre i maestri di trasmetterci qualcosa di più che fosse una conoscenza tecnica, ma qualcosa che andasse a incidere sulla “qualità” complessiva della nostra pratica.

Come ha giustamente ribadito Sakudo Sensei alla fine dei due giorni, il nostro non è propriamente un kangeiko come lo intendono in Giappone: sveglia all’alba: 50 minuti di kirikaeshi, 50 minuti di kakarigaeko/uchikomi, 50 minuti di jigeiko. Tutto questo per 15 giorni all’inizio di gennaio. Il poco tempo a disposizione ha portato i maestri a impostare il seminario in maniera differente.

Trovandosi di fronte un folto gruppo di persone adulte, è stato dedicato uguale tempo a insegnamento verbale, pratica di kata e allenamento in armatura. All’inizio dei tre blocchi in cui era stato diviso il week end si sono svolte delle vere e proprie lectiones magistrales.

credits - Emanuela Muratore

credits – Emanuela Muratore

Sono stati affrontati temi di grande attualità, come l’educazione dei bambini e di come anche la federazione giapponese si stia adoperando in questi ultimi anni al fine di suscitare il loro interesse nei confronti del kendo. In particolar modo si è parlato di come una corretta educazione sia all’interno del dojo che nella mura scolastiche porti alla formazione di cittadini che possono contribuire al miglioramento della società. In breve, partendo dalla postura, questa pone l’individuo in una condizione psicofisica diversa, molto più propensa all’ascolto e alla partecipazione. Così come lo sviluppo della voce come strumento di affermazione e rappresentazione della propria coscienza di se all’interno del contesto. Questi due aspetti li ritroviamo anche all’interno del kendo, una corretta shisei costruisce un kamae solido e forte, e una voce chiara pone l’individuo in una condizione di esprimere senza timore il proprio ki attraverso il kiai.

Tuttavia è una corretta respirazione che ci consente di costruire tutto quello detto in precedenza. Prima di iniziare la parte dedicata ai kata nella mattinata di sabato Sakudo ha mostrato come impostare una respirazione “addominale” che ci permette di rilassare la parte superiore del corpo e convogliare la tensione nella parte inferiore, in modo da “tagliare con il corpo” e non con le braccia.

Si sono formati poi tre gruppi in base al grado: 1°kyu, 1° e 2°Dan (a sinistra), 3° e 4°Dan (al centro), 5°e 6° Dan (a destra), ciascuno seguito da un Maestro.

Nel pomeriggio stessa divisione dei gruppi, ma con un focus sulla parte in armatura e un programma diverso a seconda dei gradi. Infine uchikomi e jigeiko con motodachi e poi combattimento libero.

Nella mattinata di domenica ha preso la parola il Maestro Hanazawa illustrando i punti focali del giudizio espresso dagli esaminatori durante gli esami:

  • Indossare correttamente vestiario e attrezzatura.
  • Eseguire rei in modo corretto.
  • Avere un kamae solido e pieno di energia.
  • Entrare in relazione con il proprio opponente.
  • Mostrare ri-ai, ovvero logica nell’attaccare.
  • Esprimere seme costruendo l’azione.
  • Colpire con ki-ken-tai e dare sae al colpo.
  • Esprimere zanshin.

Dopo questa spiegazione (molto più articolata di quelle che possono essere queste poche righe di cronaca) si è di nuovo praticato kata divisi per gruppi e infine men in testa e via di kirikaeshi e jigeiko con i motodachi. Per finire con venti minuti di jigeiko libero.

Nel pomeriggio si sono poi svolti gli esami di passaggio di grado dal terzo al quinto dan; rivolgete i vostri occhi ai tabelloni della CIK o alle vostre bacheche di facebook per vedere chi è passato o meno.

Mi vorrei invece soffermare su una cosa rara e di grande importanza avvenuta alla fine di tutto il seminario, una volta esposti tutti i fogli con i risultati e (ahimè) con alcuni degli esaminandi non promossi che erano già andati via, il maestro Hanazawa ha fornito un resoconto su quello che la commissione giapponese aveva visto durante gli esami, spiegando i motivi che li avevano portati a bocciare e quelli invece (già spiegati al mattino) che hanno riscontrato nei promossi. Con una raccomandazione per tutti: migliorare il ki ken tai, spiegando come sia molto difficile svilupparlo correttamente e di come anche lui abbia fatto fatica a consolidarlo nei suoi anni di pratica.

Concludo il resoconto con una frase di Sakudo:

“Il duro lavoro si riflette nel risultato”


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BU-TOKU-MU-KYO 2014 – Bedollo (TN) 20 – 24 agosto 2014

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Ormai sono 4 anni che partecipo a questo seminario e ogni volta porto a casa sempre qualcosa di nuovo, qualcosa in più. Non soltanto mi viene permesso di fare una full immersion di 5 giorni nella pratica con maestri di altissimo livello, ma anche di entrare in quel clima da “gita scolastica” con persone insieme alle quali partecipo a gare e a stage per tutto l’anno o ho un rapporto più stretto perché praticano in dojo vicini al mio.

Rispetto allo scorso anno con i ragazzi di Cremona e Piacenza decidiamo di fare una vera e propria operazione di guerra lampo: arrivare prima di tutti e riempire un’aula della scuola dove si svolge il seminario, onde evitare russatori molesti, elicotteri, sottomarini e cetacei (del perché di queste definizioni chiedete a Sara De Angelis (ARK) e a Luca Barbalace (Zenkenyu) ).

Ci accampiamo con materassini e lettoni gonfiabili e organizziamo quella che sarebbe stata la nostra casa per i seguenti giorni predisponendo anche un piccolo angolo cucina…si, ci siamo anche portati fornellini e armamentario vario, cosa non si fa per risparmiare e lasciarsi i soldi per i giri di grappa all’hotel Pineta e all’Imbarcadero?

credits - Lorenzo Sperzaga

credits – Lorenzo Sperzaga

Gli allenamenti si sono svolti tutti con un pattern comune di circa due orette e mezzo di pratica.

Suddivisi in questo modo:

  • Riscaldamento
  • Vasche e/o suburi
  • Kihon di tecniche – Men, Kote, Kote-men, Tsuki e Kirikaeshi.
  • Pausa
  • Jigeiko con motodachi dal quinto dan in su
  • Divisione della palestra in due parti: da una parte terzi dan motodachi per i gradi dal secondo dan in giù e dall’altra Jigeiko libero fra praticanti dal quarto dan in su.
  • Uchikomi con motodachi (Men grande e piccolo)

Prima degli allenamenti pomeridiani dal giovedì al sabato è stato possibile praticare liberamente kata divisi per gradi, scelta corretta vista la grandissima affluenza di quest’anno.

credits – Lorenzo Sperzaga

La grande quantità di tempo a disposizione ha permesso ai maestri giapponesi mostrare minuziosamente l’esecuzione di tutti gli esercizi proposti. Dal movimento dei piedi Okuri-ashi, Suri-ashi, hiraki-ashi e fumikomi-ashi per poi passare allo studio del kamae, di come trovare una posizione che ci consenta di essere rilassati e nello stesso tempo pronti a muoverci per attaccare.

Il maestro Negishi si è prodigato nel disegnare su una lavagnetta la corretta postura della schiena da mantenere, prima del colpo, durante il colpo e dopo il colpo.

Durante i suburi e il kihon è stato sottolineato il modo corretto di eseguire furikaburi (il movimento della shinai sopra la testa) quindi arrivare con il gomito all’altezza dell’orecchio e fare accelerare la punta fino a colpire il bersaglio con le braccia e i polsi correttamente stesi.

Durante gli esami di passaggio di grado siamo attentissimi a come siamo vestiti, ad aver indossato correttamente hakama, gi e bogu. Dobbiamo esserlo anche nella pratica di tutti i giorni. Il maestro Kasahara ha fatto una piccola lezione su “come-indossare-cosa”: dal gi che deve essere steso sulla schiena al’hakama goshi che deve essere all’altezza corretta sotto agli himo del tare, al do che non deve essere all’allacciato troppo alto tanto da scoprire l’hara-obi del tare. Al monomi del men, che deve essere appunto all’altezza degli occhi, così come l’allacciatura dei men-himo.

Tutto ciò non solo per una questione estetica, ma anche per la nostra sicurezza.

Passiamo quindi agli esercizi su men; men, in okuri-ashi, men con fumikomi sul posto, men con fumikomi passante, sayu men in okuri-ashi ecc.. Tutto con alle spalle gli insegnamenti sul kamae, sul caricamento e l’estensione delle braccia e dei polsi sul colpo visti nei suburi in precedenza.

Stessa cosa per il Men-piccolo e poi per il kote nei giorni successivi.

Altro blocco di esercizi sulla parte “materiale” del seme, vincere PRIMA il centro e POI colpire.

Tutta questa parte del seminario è stata guidata dal maestro Tani in persona: per prendere il centro è sufficiente il diametro della punta dello shinai e poi mantenere la traiettoria ideale per andare a colpire tsuki e da lì men oppure sollevare lo shinai e andare a kote calibrando l’ampiezza del passo in base al bersaglio scelto.

Altre note tecniche che sono state fornite “colpire tsuki con i polsi stesi nella stessa posizione di quando si finisce l’arco durante Joge-buri” e “preferibilmente impattare a 45°sugli yoko-men durante kirikaeshi”

Non mi stancherò di ripeterlo in questo piccolo resoconto, ma una dei pregi di questo seminario è la grande disponibilità di tempo che può essere dedicata, non solo al keiko, ma anche all’ascolto di esperienze e riflessioni portate dagli insegnanti.

La particolarità del kendo di essere una disciplina che può essere praticata attraverso tutte le età ci mette di fronte (come la vita stessa) a momenti di stallo ad esempio una crescita tecnica che ci sembra interrotta, oppure a ostacoli difficili come competizioni che non riusciamo a vincere, esami che non riusciamo a superare.

Tani sensei ci ha parlato della sua esperienza in merito. Qui di seguito cercherò di riportare i punti salienti del discorso:

 “Non sono mai stato un praticante da un palmarès invidiabile, al liceo e all’università ho vinto molto raramente delle gare e non sono mai stato il membro più forte della mia squadra, i miei successi nella shiai li ho raggiunti dopo quasi cinquant’anni di pratica vincendo 2 anni fa il campionato degli 8°dan, l’anno successivo sono arrivato in finale, mentre quest’anno sono uscito al primo turno. Quello che posso dirvi è di tenere duro e continuare ad allenarvi al di là dei risultati, concentrandovi sull’andare avanti con continuità impegnandovi con tutto voi stessi,  se non mi credete o secondo voi mi sbaglio aspettate di esservi allenati con questo spirito  per cinquant’anni e poi potrete darmi torto. Quindi se venite sconfitti o se non riuscite a superare immediatamente un ostacolo, non preoccupatevi, continuate a praticare, tenete duro…”

Tani Bedollo 2014

A tutti i partecipanti è stato poi consegnato un tenugui in ricordo del seminario: Jiki shin kore michi: cuore sincero è la via, questi i kanji impressi sulla stoffa.

Sabato sera arriva velocemente e ci troviamo nella stessa baita dell’anno scorso, prenotata solo per noi, con una grande novità per la serata, abbiamo una piccola competizione musicale.

Alle chitarre Giuseppe Piva e Sara de Angelis accompagnano Kasahara con “my way” in giapponese, Tani con una canzone sulle gesta di Takeda Shingen, per poi passare al gruppo dei tedeschi con una canzone popolare (di cui cerco ancora una versione su you tube, appena la trovo la linko) E due gruppi italiani fra cui un duetto Rigolio-Piva su una canzoni di Nanni Svampa “La Dona Biunda” e il gruppo misto dei fiorentini con “La Lallera” di Marasco.

Potete trovare tutte le performance filmate e documentate sulla pagina dell’evento su Facebook, chiude il tutto Negishi con una sua versione della canzone della “Marcia dei 365 giorni” riguardo a come è bello fare kendo (anche di questa trovate il video sulla stessa pagina delle altre).

Questi 5 giorni sono passati fin troppo velocemente, ma mi hanno dato la carica giusta per iniziare la stagione con il botto e con tante cose da mostrare ai miei ragazzi non appena ricominceremo i corsi.

Ringrazio ancora tutta l’organizzazione per aver reso ancora una volta possibile questo seminario, ringrazio i maestri Tani, Negishi, Kasahara, Shiriichi  e a tutti gli alti gradi che si sono fatti in quattro per farci entrare nella zucca come si deve cercare di fare kendo nel miglior modo possibile.

kendo Bedollo 2014

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Il corso di Kendo a Parma riprenderà il 2 Settembre nella palestra di Sorbolo (PR). Da Ottobre torneremo poi nella nostra palestra di Parma.

Tutte le informazioni su parmakendokai.wordpress.com/dojo-info/


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“Tan Po Ki”

 

Tan Po Ki Rigolio Kendo Pesaro Urbino

Scrivo questa recensione dopo aver finito la mia sessione di esami universitari. Dopo l’ultimo mese e mezzo passato a consumare gli occhi si norme, casi giudiziari, sentenze e manuali finalmente posso tornare a dedicarmi alla lettura di quel cumulo di libri sul Kendo e il Giappone in generale che si sono ammassati sulla mia scrivania o nella cartella download del mio pc.

Freschissimo di stampa non ho aspettato neanche che mi arrivasse la copia cartacea e ho sfruttato la possibilità offertami da kataweb.it di poter leggere il libro in formato elettronico a patto di scrivere in tempi brevi una recensione (detto fatto).

Non si tratta di un saggio sulla tecnica (benchè siano presenti paragrafi in merito) o di un romanzo, ma di un diario di viaggio.

Ma anche definirlo diario di viaggio sarebbe riduttivo, infatti il lettore non troverà solo una narrazione dei fatti, dei luoghi e degli incontri fatti dall’autore, ma anche molti spaccati sulla storia, sulla cultura, sulla cucina e più in generale sulla vita di tutti i giorni del popolo del Sol Levante, tutto ciò senza la presunzione di diventare un libro etnografico (per quello io consiglio l’ormai storico “Ore Giapponesi” di Fosco Maraini), ma quello di essere una testimonianza di ricerca degli altri e di se stessi attraverso la pratica del Kendo.
La sensazione che traspare dalle righe è quella di chi torna in un luogo oramai familiare, nel quale ritrova vecchi amici e paesaggi conosciuti, ma che ogni volta trova qualcosa che lo sorprende e gli fa promettere di ritornare.

Questo è il quarto viaggio dell’autore, infatti non è nei contenuti e nei toni un diario di una “prima volta” in Giappone, non c’è lo stupore di chi, non conoscendola, si trova per la prima volta a contatto con la cultura Nipponica, ma la consapevolezza di chi ha imparato a comprendere (non senza una serie di gaffe e incomprensioni nel corso degli anni) il modo di vivere e fare di questo popolo così lontano nello spazio da noi.
Sono da ricordare tutti i consigli di Luigi sul comportamento da tenere nelle situazioni di interazione sociale, dalla famiglia, al dojo, alle ricorrenze speciali. E soprattutto come capire il rapporto dei Giapponesi con il “gruppo”, con i regali e con l’ospite.

Ma attenzione, tutte queste informazioni non vengono date al di fuori dello svolgimento dei fatti come un manuale di istruzioni da tenere in tasca, ma sono perfettamente calate nel contesto in cui si verificano, così da avere un quadro completo di ciò che stà succedendo ad ogni giro di pagina.

Detto questo, il libro copre uno spazio temporale di 16 giorni e si divide in due parti, una presso la prefettura di Gunma e l’altra a Tokio.

Per chi frequenta il seminario estivo di Bedollo ormai da qualche anno si troverà a proprio agio ad associare ai nomi, i visi dei maestri incontrati da Luigi nella prima parte del diario: Tani, Neghishi, Kasahara, i fratelli Ushioda, ecc. Senza dimenticare la descrizione dell’infernale Kangeiko della Saitama University. Mentre nel periodo di Tokio, si ha una bella finestra anche sulla pratica del Jodo (del quale Luigi è quinto Dan) oltre agli allenamenti di Kendo presso il Noma dojo.

Mi sento di consigliarlo a tutti i praticanti di Kendo, ma soprattutto a coloro che sono già stati in Giappone, perchè vi farà tornare alla mente tante piccole cose che si sono sicuramente depositate in fondo al vostro cuore, i cavi elettrici che corrono a vista per le strade, la sensazione del parquet (di QUEL parquet) di un dojo Giapponese sotto i piedi, il sapore del sakè buono e la botta alcolica del sochu, la yakisoba, gli okonomiyaki, “sumimasen, futatsu nama biru, okudasai”, lo skyline di Tokio, la tranquillità della campagna giapponese ecc ecc.

Buona lettura 🙂


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IV° Seminario “Cus Verona”

Non avendo purtroppo potuto partecipare personalmente al seminario organizzato dagli amici “Kendo C.U.S. Verona”, abbiamo chiesto al caro Francesco Paterlini del Parma Kendo Kai di raccontare com’è andata.

Non esistono scorciatoie o tecniche segrete per diventare buoni competitori nel Kendo, ma una solida attitudine nell’approccio al keiko di tutti i giorni, dal suburi, al kihon, dall’uchikomi, al jigeiko, la ricerca del taglio e dell’espressione del miglior colpo secondo tutti i criteri dello yuko datotsu deve essere centrale. Il lavoro all’interno del dojo non è una questione individuale, ma riguarda l’insieme dei praticanti: se negli esercizi non ci sono motodachi in grado di creare “armonia” con il loro compagno, non ci potranno essere buoni kakarite e di conseguenza la crescita dell’intero gruppo potrebbe essere compromessa. 

Questo è, a mio avviso, il messaggio contenuto nel seminario organizzato dal Cus Verona e diretto da Christian Filippi. 

L’organizzazione Cussina dell’evento è, come sempre, impeccabile. Una volta arrivati ci vengono consegnati il sacchetto per il pranzo e il voucher per ritirare il tenugui dell’evento allo stand della Nippon Budo.

Particolarità, per chi è abituato a fare Kendo in Italia, è la presenza di bambini e ragazzi che prendono parte allo stage.

Disponiamo i men e iniziamo il riscaldamento, seguito poi dal saluto.

Partiamo così con una serie di vasche, l’attenzione è posta sul cercare di avanzare mantenendo una postura corretta (schiena e collo) ed evitando di andare con il busto su e giù. Prendiamo le shinai e iniziamo con serie di jogeburi e suburi a men normali, sempre per la lunghezza della palazzetto, avanti e indietro. Punto focale è l’attenzione al corretto uso delle dita della mano sinistra, soffermandosi sul mignolo che deve stringere per tutta la durata del movimento e che deve imprimere forza e velocità al colpo, caratteristiche che non potrebbero essere raggiunte senza il contestuale movimento delle gambe e delle anche in modo da arrivare con un movimento di ichibioshi al perfetto ki ken tai. 

Tutti di nuovo in fila e poi “men-tsuke” ci dividiamo in tre gruppi per grado/età.

Iniziamo concentrandoci sul kirikaeshi e su come eseguirlo con continuità e respirazione corretta nonché prestando attenzione alla giusta distanza alla fine dei 5 sayu-men all’indietro e alla prontezza dell’ultimo men  centrale passante, esprimendo zanshin alla fine di ogni serie.

Per poi continuare con serie di men centrali con una sola respirazione e uchikomi con pattern prestabilito fino alla pausa, qui l’accento è posto sul corretto modo di invertire la direzione e ritornare in kamae per non farci sorprendere da attacchi dell’avversario. Ora, molte persone commenteranno leggendo l’articolo “certo, ma queste cose le sapevo già da me, non ci voleva mica un seminario per spiegarmele” eppure, qui metterei la mano sul fuoco, pochi di noi mantengono un’attenzione costante per tutto l’allenamento, anzi, la concentrazione cala; vuoi per la stanchezza, vuoi per la tranquillità di non essere in un combattimento “vero”. Tuttavia dovremmo sempre porci nella condizione di non “spezzare il cerchio” anche durante il kihon e di esprimere zanshin ogni qual volta la situazione lo richieda, in poche parole, allenare la nostra mente a essere lucida in tutte le situazioni. Quindi seminari di questo tipo servono anche a ricordarci cose che magari già conosciamo, ma che dimentichiamo di applicare alla svelta, perché non c’è nessuno (a parte noi stessi) che ha la pazienza di pungolarci. 

La terza ora della mattinata è piacevolmente occupata da Jigeiko libero.

Dopo il pranzo consumato ai bordi del parquet abbiamo l’occasione di vedere un’interessantissima sessione di Tameshigiri eseguita da Kunimasa Matsuba Sensei (il quale è anche un famoso forgiatore) che ci mostra come tagliare con una katana vari fusti di bambù, le spiegazioni sono molto particolareggiate e ci viene mostrato come anche il taglio che si pratica nel Kendo è altrettanto efficace utilizzando una spada affilata. Il Maestro offre successivamente la propria spada a chi dei presenti avesse desiderato cimentarsi nel taglio. Superfluo dire che si è subito creata una lunghissima fila di aspiranti Zatoichi; alcuni hanno suscitato l’ammirazione del forgiatore, altri…meno.

Riprendiamo alle 15:00 con esercizi per incrementare la flessibilità e la spinta elastica degli arti inferiori: haya-suburi e choyaku-men. Vengono spiegate le differenze fra le due tipologie di esercizio, il primo è un suburi veloce, dove i piedi strisciano sul parquet, mentre il secondo è un “men saltato” con invece gli arti inferiori che si staccano da terra. 

Passiamo poi a men in elevazione con esecuzione del do all’atterraggio per diverse serie, seguito da esercizi propedeutici al taiatari e ripetizioni di questi da breve e poi da lunga distanza. Sempre su taiatari si fanno variazioni sul tema e quindi come deviare la forza dell’avversario assorbendola con movimenti combinati di anche e braccia, indietro, a destra e a sinistra.   

Viene il momento delle hiki-waza, combiniamo alcuni esercizi di prima con l’hiki-men. Partendo da una forte spinta del motodachi e andando indietro, oppure lasciando cadere la tensione e sfruttando il momento per colpire, oppure ancora fintando a kote con il movimento di choyaku per poi sfruttare l’apertura a men. Un crescendo poi combinando gli esercizi del taiatari con hiki-men e hiki-kote a seconda dell’apertura creata a omote o a ura. Finiamo con un’azione di disturbo sullo yoko men per far reagire nervosamente motodachi, così da sfruttare le aperture che vengono a crearsi a men e kote a seconda di una reazione più o meno pronunciata. 

Sforiamo l’orario, ma c’è comunque spazio per un ippon-shobu con auto-arbitraggio fra le coppie dei vari gruppi che pian piano eliminandosi lasciano a Luca Villa la vittoria finale.

Tutti di nuovo in fila per il saluto e “Men-tore!” il seminario finisce fra i ringraziamenti e gli ultimi consigli e le riflessioni di Christian sulla giornata appena trascorsa.

Bevete birra, fate kendo e abbiate una vita piena! 😀

Francesco Paterlini – Parma Kendo Kai

parmakendokai.wordpress.com


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Diario di un primo viaggio in Giappone – 2° ed ultima puntata

segue dalla puntata precedente.

…Con shinai, bogu e un sacchetto di vestiti per pochi giorni lasciamo Kyoto a bordo dello Shinkansen diretti a Numazu (prefettura di Shizuoka ). Alla stazione ci accoglie il Maestro Koyama che ci carica sul suo pulmino da nove posti per portarci all’albergo.

Prima tappa, tour al negozio di articoli per il Kendo del maestro (ebbene sì, Koyama Sensei oltre ad essere uno stimato insegnante di kendo è anche il proprietario di una fabbrica di armature). E’ il paese dei balocchi: cestoni pieni di shinai, vetrine con all’interno esposti bogu per tutte le tasche, cassetti pieni di kote, Gi e Hakama di tutte le qualità,  un esperto artigiano che lavora in negozio pronto a riparare kote e men usurati…Inutile dirvi che la mattinata è stata spesa a dare fondo alle carte di credito prepagate in nostro possesso.

Alla sera primo allenamento con i ragazzi delle medie (dai 12 fino ai 15 anni).

credits- Valentina Barbieri

Kihon tutti insieme per allenare corpo e kiai e poi tanto kakarigeiko con noi italiani come motodachi, infinite file di demoni blu che ci hanno suonato come taiko in un giorno di festa (anche se per quanto mi riguarda  alla fine dell’allenamento avevo l’avambraccio e il gomito neri per la quantità infinita di do e kote fuori bersaglio).

credits – Valentina Barbieri

Piccola pausa per dissetarci con acqua e zucchero e poi via Kirikaeshi, più un’ora e mezzo di Jigeiko con i padri dei ragazzini che ci eravamo lasciati alle spalle poco prima. Anche qui Taiko style, solo che qui le mazzate arrivano con una potenza “leggermente” superiore. Ripetiamo il medesimo allenamento la sera seguente.

Sospendiamo un giorno gli allenamenti per seguire la squadra della “Junior Highschool” allenata dal maestro ai campionati nazionali. Dove? Niente poco di meno che al Budokan di Tokyo!

credits- Valentina Barbieri

Arriviamo giusto in tempo per vedere la finale degli individuali e l’inizio della gara a squadre, sotto di noi si stendono sedici shiaijo e più di 700 ragazzini provenienti dalle selezioni svolte al livello delle varie prefetture. I combattimenti sono molto tirati (stiamo parlando di ragazzini di 15 anni che si allenano per due ore al giorno tutti i giorni), shikake-waza a non finire e un’aggressività e uno spirito travolgenti.

credits- Valentina Barbieri

Ci spostiamo sulle gradinate cercando di stare più vicini agli shiai-jo dove stanno combattendo i nostri amici. Sarebbe valsa la pena girare con una telecamera a spalla per le gradinate e le scale che collegano i piani: decine e decine di bancarelle che vendono cibo, tenogui, bogu, shiani, magliette dell’evento, ragazzini in hakama e gi che girano aspettando il loro turno o addirittura si vedono intere squadre che fanno riscaldamento nei sottoscala, gli insegnanti che incoraggiano i loro studenti prima della gara, le madri e le nonne che fanno la spola fra le bancarelle che vendono i “bento” e la zona degli spalti dove è acquartierata la squadra dei figli. Le bandiere delle scuole di provenienza con relativi stemmi e motti che scendono dagli spalti, spettacolare!

Per la cronaca, i nostri superano le pool e vincono il primo incontro delle eliminatorie per poi perdere l’incontro successivo. Un particolare che mi sono dimenticato prima: ogni squadra ha un do con il colore della scuola e ne abbiamo visti di tutti i colori: dal grigio metallizzato, al fluo multicolor (e non sto scherzando! )

Il giorno dopo, per l’allenamento serale, siamo ospiti di un dojo di fabbrica (esatto avete capito bene! Un dojo in una fabbrica di componentistica di precisione per motori). La stanza, con un bellissimo parquet elasticizzato, si trova al secondo piano di fianco agli uffici e alla sala mensa. Arriviamo poco dopo la fine dell’orario di lavoro e saliamo le scale con gli operai e gli impiegati che si tolgono tute e camice per prendere i loro kendogi e bogu appesi nella palestra. Veloce riscaldamento con suburi e subito men-tsuke, veloci serie di kirikaeshi e tanto uchikomi per poi passare al jigeiko per tre quarti d’ora buoni.

credits – Valentina Barbieri

Ultimo giorno di allenamenti a Numazu. Arriviamo in questo centro sportivo polivalente verso le 8 di sera, una grande struttura su più piani con una parete vetrata che da sul parcheggio, dalla quali si vedono, vari ambienti: in uno praticano Aikido, in un altro judo, poi basket nella sala più grande. Entriamo e scendiamo le scale per accedere al piano interrato dove si trova la palestra di kendo. In questo allenamento sono presenti vari maestri e vari praticanti della città di Numazu che per la chiusura estiva dei dojo delle scuole si ritrovano qui per allenarsi tutti insieme. Qui non c’è riscaldamento o un orario preciso di inizio e fine, qui si viene per fare jigeiko libero.

Ci sono una quindicina di settimi dan che fanno da motodachi fissi e poi il restante spazio è per chi vuole aggiungersi o per chi vuole fare a sua volta da motodachi. Il pavimento di parquet è vuoto sotto, qui anche il più timido dei fumikomi sembra il rombo di un tuono. Una piacevole nota, le tavole di legno hanno le venature e il grip del piede è perfetto (io che di solito in Italia mi fascio i piedi, non ho avuto alcun problema di vesciche o di calli rotti).

Sono rappresentate tutte le età: dagli studenti delle medie ai pensionati tutti che praticano insieme con i più anziani che correggono e spronano i più giovani. Rimaniamo due ore, poi sentiamo il rullo del Taiko che segna la fine della pratica e ci disponiamo su tre file per il saluto. Ringraziamo i maestri e ci avviamo verso il pulmino per tornare in albergo, cambiarci e partecipare al sayonara party.

Qui si conclude la parte del viaggio riguardante gli allenamenti, la settimana seguente la dedicheremo solo al turismo, a parte una puntatina al Kyoto Butokuden per fare mitori geiko.

In conclusione: che cosa ha cambiato del mio kendo questa esperienza in Giappone? Certamente non ho imparato nuove mirabolanti tecniche o segretissimi metodi di allenamento, ma ho imparato a crederci al 100% quando vado a cercare l’ippon,  quando faccio uchikomi, quando faccio suburi,  ma soprattutto che il kendo non è una disciplina individuale; certo, quando facciamo jigeiko siamo noi e motodachi, in shiai abbiamo di fronte un avversario, ma se in dojo c’è l’impegno di tutti nell’allenamento settimanale,  negli esercizi, nei kata allora si cresce veramente, si migliora e cosa ancora più importante, ci si diverte.

Perché solo facendo una cosa che ci piace con persone che condividono con noi la stessa passione possiamo riuscire a tirare fuori il meglio di noi stessi e diventare “ esseri umani di cui essere orgogliosi” (citazione di Hirakawa sensei).

Grazie Francesco per aver condiviso con noi questa tua bellissima esperienza ed aver dato un contributo importante a Kendo nelle Marche.

Per tutti coloro che come Francesco desiderano raccontare un’esperienza di Kendo ed entrare nel team di Kendo nelle Marche, non esitate a contattarci a kendonellemarche@gmail.com !!

V’informiamo sin da ora che il kendo.viaggiatore Raffaele ci ha già fatto avere un bel report sul suo viaggio in USA! Il progetto DOJO continua…