
Il gruppo degli Nidan e metà del gruppo degli Shodan. Foto di G.Fresa.
Il gruppo degli Nidan e metà del gruppo degli Shodan. Foto di G.Fresa.
Iniziamo con la teoria.
Nel libro “Kendo – La via della Spada“, Franco Sarra ci insegna:
“[…] Spesso in Italia, ma non solo in Italia, accade che l’allenamento sia finalizzato a qualcos’altro: alla gara, alla dimostrazione, oppure al passaggio di grado. Venga quindi inteso come momento di preparazione a un altro evento considerato in qualche modo più importante. Questo è errato e, a mio modo di vedere, porta alla lunga a porsi un limite temporale nella pratica: una volta esaurite le competizioni o le dimostrazioni o gli esami non c’è più ragione di continuare l’allenamento. L’aspetto invece più affascinante del Kendo, che è difficile da cogliere da giovani, ma che con il procedere degli anni e della pratica appare chiarissimo e stimolante, è che – se lo si desidera e si persevara – ti può accompagnare veramente per tutta la vita. “
Trovo interessante accompagnare queste parole e due passi dell’Hagakure a me molto cari:
“Tra le massime scolpite sul muro del daimio Naoshige ce n’era una che diceva: <<Le questioni più gravi vanno trattate con leggerezza>>.
Il maestro Ittei commentò: <<Quelle meno gravi vanno trattate con serietà>>”.
“Un uomo che nutre dei dubbi quando si trova nella propria stanza, come potrebbe attingere qualche risultato altrove, sul campo di battaglia?”
e ad un consiglio ricevuto da Luigi Rigolio parlando di un esame che ci sarebbe stato dopo ben 11 mesi: “Considerati bocciato dopo ogni allenamento, e valuta cosa va corretto.”
In tutti e quattro i casi, probabilmente per ragioni differenti, c’è un invito a vivere a pieno e con serietà l’allenamento, questione apparentemente meno grave, “la nostra stanza”. Per poi affrontare con leggerezza e serenità le questioni più pesanti, il campo di battaglia, l’esame.
Questa è la teoria.
Ahimè, ben lontani da questo modello, in pratica ci siamo comportati diversamente. Diversi mesi fa abbiamo esaminato il calendario CIK e ci siamo detti: “Ecco il prossimo obiettivo!”. Da quel momento i protagonisti della sfida hanno di certo cambiato modo di praticare: chi l’atteggiamento, chi la cura di qualche dettaglio spesso ignorato per pigrizia.
Nei giorni immediatamente precedenti all’esame infine abbiamo fatto delle simulazioni d’esame, per esorcizzare la tensione e la goffaggine nel muoversi difronte alla commissione. In questo è stata fondamentale la partecipazione del resto del dojo: senza validi e volenterosi motodachi non si va lontano.
Eccoci al giorno fatidico.
Come sempre accade si parte prima dell’alba, ma questa volta la levataccia e mitigata dalla cortesia di Laura che, a sorpresa, ha portato la colazione per tutti!
Dopo un gesto simile potevamo tornare a casa soddisfatti. Però, visto che ormai ci siamo iscritti, tanto vale arrivare a Verona!
La palestra, o meglio, il complesso sportivo polivalente che ci accoglie è una struttura ammirevole che, senza pecca ne sforzo, accoglie l’alto numero di praticanti ed esaminandi.
Dopo i saluti di rito, più di cento kendoka sono divisi in 3 gruppi per il seminario che precederà l’esame. Gli aspiranti ikkyu sono seguiti da Zago Sensei, i futuri shodan da Amoruso Sensei e l’ultimo gruppo, nidan, da Lancini Sensei. Ogni maestro era coadiuvato, nella gestione dei tanti praticanti, da altri istruttori CIK.
Il seminario consisteva in: studio dei kata, kirikaeshi, uchikomi, pratica di attacchi, mawarigeiko. Pur trattandosi di temi fondamentali, o proprio perché sono temi fondamentali, trovo sempre utile partecipare a questi allenamenti e, come al solito, le domande al maestro sul dettaglio di un kata o sull’ampiezza di un colpo non sono mancate.
Siamo all’esame. Aldilà di performance e risultati è importante ricordare le parole di Lancini sensei che hanno preceduto e seguito il momento. In sintesi:
- Mostrare il proprio kendo. Non “quello che bisogna fare per passare un esame”. Ma il proprio kendo. Solo così l’esito della prova, in qualsiasi caso, potrà essere utile alla propria crescita.
- Nel caso di insuccesso non scoraggiarsi e non viverlo come fallimento, ma come spunto utile per la pratica futura.
I tre gruppi (Nidan, Shodan ed Ikkyu) hanno registrato un elevato numero di bocciature, insolito per la mia esperienza e, da osservatore, indice di un’inversione di rotta da parte della confederazione in passato forse più permissiva.
Per l’Uminokenshi a Verona si sono sottoposti alll’esame di Ikkyu Laura ed Alfredo, entrambi promossi. (Bravi!)
Ora, tornando al principio, il proposito sarà quello di mettere maggiormente in pratica “la teoria” che vuole che ogni giorno, ogni allenamento, ogni men, abbia la stessa intensità di quello dell’esame o della gara.
Se in pochi mesi i nostri ragazzi hanno fatto grandi passi avanti per essere pronti a questo esame, pensate cosa possiamo fare se questo atteggiamento lo facciamo nostro a prescindere dagli eventi in programma!
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