segue dalla puntata precedente.
…Con shinai, bogu e un sacchetto di vestiti per pochi giorni lasciamo Kyoto a bordo dello Shinkansen diretti a Numazu (prefettura di Shizuoka ). Alla stazione ci accoglie il Maestro Koyama che ci carica sul suo pulmino da nove posti per portarci all’albergo.
Prima tappa, tour al negozio di articoli per il Kendo del maestro (ebbene sì, Koyama Sensei oltre ad essere uno stimato insegnante di kendo è anche il proprietario di una fabbrica di armature). E’ il paese dei balocchi: cestoni pieni di shinai, vetrine con all’interno esposti bogu per tutte le tasche, cassetti pieni di kote, Gi e Hakama di tutte le qualità, un esperto artigiano che lavora in negozio pronto a riparare kote e men usurati…Inutile dirvi che la mattinata è stata spesa a dare fondo alle carte di credito prepagate in nostro possesso.
Alla sera primo allenamento con i ragazzi delle medie (dai 12 fino ai 15 anni).

credits- Valentina Barbieri
Kihon tutti insieme per allenare corpo e kiai e poi tanto kakarigeiko con noi italiani come motodachi, infinite file di demoni blu che ci hanno suonato come taiko in un giorno di festa (anche se per quanto mi riguarda alla fine dell’allenamento avevo l’avambraccio e il gomito neri per la quantità infinita di do e kote fuori bersaglio).

credits – Valentina Barbieri
Piccola pausa per dissetarci con acqua e zucchero e poi via Kirikaeshi, più un’ora e mezzo di Jigeiko con i padri dei ragazzini che ci eravamo lasciati alle spalle poco prima. Anche qui Taiko style, solo che qui le mazzate arrivano con una potenza “leggermente” superiore. Ripetiamo il medesimo allenamento la sera seguente.
Sospendiamo un giorno gli allenamenti per seguire la squadra della “Junior Highschool” allenata dal maestro ai campionati nazionali. Dove? Niente poco di meno che al Budokan di Tokyo!

credits- Valentina Barbieri
Arriviamo giusto in tempo per vedere la finale degli individuali e l’inizio della gara a squadre, sotto di noi si stendono sedici shiaijo e più di 700 ragazzini provenienti dalle selezioni svolte al livello delle varie prefetture. I combattimenti sono molto tirati (stiamo parlando di ragazzini di 15 anni che si allenano per due ore al giorno tutti i giorni), shikake-waza a non finire e un’aggressività e uno spirito travolgenti.

credits- Valentina Barbieri
Ci spostiamo sulle gradinate cercando di stare più vicini agli shiai-jo dove stanno combattendo i nostri amici. Sarebbe valsa la pena girare con una telecamera a spalla per le gradinate e le scale che collegano i piani: decine e decine di bancarelle che vendono cibo, tenogui, bogu, shiani, magliette dell’evento, ragazzini in hakama e gi che girano aspettando il loro turno o addirittura si vedono intere squadre che fanno riscaldamento nei sottoscala, gli insegnanti che incoraggiano i loro studenti prima della gara, le madri e le nonne che fanno la spola fra le bancarelle che vendono i “bento” e la zona degli spalti dove è acquartierata la squadra dei figli. Le bandiere delle scuole di provenienza con relativi stemmi e motti che scendono dagli spalti, spettacolare!
Per la cronaca, i nostri superano le pool e vincono il primo incontro delle eliminatorie per poi perdere l’incontro successivo. Un particolare che mi sono dimenticato prima: ogni squadra ha un do con il colore della scuola e ne abbiamo visti di tutti i colori: dal grigio metallizzato, al fluo multicolor (e non sto scherzando! )
Il giorno dopo, per l’allenamento serale, siamo ospiti di un dojo di fabbrica (esatto avete capito bene! Un dojo in una fabbrica di componentistica di precisione per motori). La stanza, con un bellissimo parquet elasticizzato, si trova al secondo piano di fianco agli uffici e alla sala mensa. Arriviamo poco dopo la fine dell’orario di lavoro e saliamo le scale con gli operai e gli impiegati che si tolgono tute e camice per prendere i loro kendogi e bogu appesi nella palestra. Veloce riscaldamento con suburi e subito men-tsuke, veloci serie di kirikaeshi e tanto uchikomi per poi passare al jigeiko per tre quarti d’ora buoni.

credits – Valentina Barbieri
Ultimo giorno di allenamenti a Numazu. Arriviamo in questo centro sportivo polivalente verso le 8 di sera, una grande struttura su più piani con una parete vetrata che da sul parcheggio, dalla quali si vedono, vari ambienti: in uno praticano Aikido, in un altro judo, poi basket nella sala più grande. Entriamo e scendiamo le scale per accedere al piano interrato dove si trova la palestra di kendo. In questo allenamento sono presenti vari maestri e vari praticanti della città di Numazu che per la chiusura estiva dei dojo delle scuole si ritrovano qui per allenarsi tutti insieme. Qui non c’è riscaldamento o un orario preciso di inizio e fine, qui si viene per fare jigeiko libero.
Ci sono una quindicina di settimi dan che fanno da motodachi fissi e poi il restante spazio è per chi vuole aggiungersi o per chi vuole fare a sua volta da motodachi. Il pavimento di parquet è vuoto sotto, qui anche il più timido dei fumikomi sembra il rombo di un tuono. Una piacevole nota, le tavole di legno hanno le venature e il grip del piede è perfetto (io che di solito in Italia mi fascio i piedi, non ho avuto alcun problema di vesciche o di calli rotti).
Sono rappresentate tutte le età: dagli studenti delle medie ai pensionati tutti che praticano insieme con i più anziani che correggono e spronano i più giovani. Rimaniamo due ore, poi sentiamo il rullo del Taiko che segna la fine della pratica e ci disponiamo su tre file per il saluto. Ringraziamo i maestri e ci avviamo verso il pulmino per tornare in albergo, cambiarci e partecipare al sayonara party.
Qui si conclude la parte del viaggio riguardante gli allenamenti, la settimana seguente la dedicheremo solo al turismo, a parte una puntatina al Kyoto Butokuden per fare mitori geiko.
In conclusione: che cosa ha cambiato del mio kendo questa esperienza in Giappone? Certamente non ho imparato nuove mirabolanti tecniche o segretissimi metodi di allenamento, ma ho imparato a crederci al 100% quando vado a cercare l’ippon, quando faccio uchikomi, quando faccio suburi, ma soprattutto che il kendo non è una disciplina individuale; certo, quando facciamo jigeiko siamo noi e motodachi, in shiai abbiamo di fronte un avversario, ma se in dojo c’è l’impegno di tutti nell’allenamento settimanale, negli esercizi, nei kata allora si cresce veramente, si migliora e cosa ancora più importante, ci si diverte.
Perché solo facendo una cosa che ci piace con persone che condividono con noi la stessa passione possiamo riuscire a tirare fuori il meglio di noi stessi e diventare “ esseri umani di cui essere orgogliosi” (citazione di Hirakawa sensei).
Grazie Francesco per aver condiviso con noi questa tua bellissima esperienza ed aver dato un contributo importante a Kendo nelle Marche.
Per tutti coloro che come Francesco desiderano raccontare un’esperienza di Kendo ed entrare nel team di Kendo nelle Marche, non esitate a contattarci a kendonellemarche@gmail.com !!
V’informiamo sin da ora che il kendo.viaggiatore Raffaele ci ha già fatto avere un bel report sul suo viaggio in USA! Il progetto DOJO continua…
26 ottobre 2011 alle 11:36 am
bellissimo!
26 ottobre 2011 alle 9:44 PM
Molto bello e coinvolgente!!
27 ottobre 2011 alle 9:19 am
Grande Pater, hai descritto perfettamente l’entusiasmo di tutti in quei giorni indimenticabili!!!!!!:D
27 ottobre 2011 alle 10:36 am
Grazie di nuovo per le foto 😉
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