Questo post, forse provocatorio e ingenuo, ha fondamentalmente lo scopo di avere delle risposte da chi ne sa molto più di me. La speranza è di trovare delle risposte attraverso il confronto con gli altri.
Il percorso logico delle mie riflessioni in breve è questo. Nel corso del tempo ho ascoltato e osservato le indicazioni di alcuni istruttori e Maestri, letto manuali didattici e visto esami di ogni livello e grado. Allo stesso tempo ho iniziato a fare qualche gara, a partecipare a qualche Campionato Italiano etc etc…
Per quanto poca sia la mia esperienza non ho potuto non notare l’esistenza di due modalità di fare kendo, una modalità propria degli esami e una modalità propria della gara.
Sembra che in gara le regole base di un kendo “corretto” (corretto a detta di tutti: Federazione, Arbitri, Maestri….) possano essere dimenticate. E non mi riferisco ad ambienti marginali o pionieristici di un kendo improvvisato, sarebbe troppo facile, ma vorrei prendere come esempio proprio il kendo giapponese.
La mia riflessione è veramente priva di ogni doppio senso (chi mi conosce sa quanto mi piacciono le gare!! quindi mi schiero direttamente pro-gare). La conclusione a cui vorrei arrivare è in sostanza una domanda: avere la consapevolezza che di fatto esistono due modalità di fare kendo utilizzabili a seconda del contesto non ci permetterebbe di allenarle entrambe in modo migliore?
Le domande che mi pongo sono queste: Perchè esiste così tanta differenza tra il kendo da gara e il kendo da esame? Tra il dire e il fare? Tra le indicazioni dei maestri e delle federazioni sugli elementi di una pratica corretta e la loro applicazione (guardate i filmati didattici della All Japan Kendo Federation)?
Tutti i Maestri che ho avuto l’onore di osservare e ascoltare (dall’ 8 dan in giù), tutti (e dico tutti) hanno espresso delle idee di base comuni sugli elementi più importanti nella pratica del kendo. Postura corretta, kiai, ki-ken-tai, zanshin, creare e cogliere l’opportunità, spostamento del corpo etc etc……senza questi elementi di base non siamo in presenza del kendo. La mancanza di tali presupposti determina (o dovrebbe determinare) la mancata concessione dell’ippon.
Per scrupolo mi vado a rileggere gli elementi necessari per l’assegnazione di yuko datotsu (colpo corretto) che sono i seguenti:
Elementi CHE CONCORRONO a determinare yuko-datotsu
- shisei = postura
- ki-sei, hassei = forte e corretto ki-ai
- ma-ai = distanza, timing
- tai-sabaki = spostamento del corpo
- ki-kai = giusta opportunità, i momenti migliori per attaccare sono quando l’avversario inizia il suo attacco, quando blocchiamo il suo attacco, quando termina l’attacco e quando indietreggia.
- te-no-uchi = corretta impugnatura ed uso corretto di polsi e braccia (tomete, uchi-te)
Elementi NECESSARI a determinare yuko-datotsu
- datotsu-bui = obbiettivo
- datotsu-bu = parte corretta della shinai, mono-uchi
- hasuji = corretta inclinazione della lama, corretta perpendicolare al piano di taglio
- adeguata forza di impatto
ZANSHIN-KAMAE
- ki-gamae = spirito attivo, stato in cui spirito e corpo sono pronti a reagire immediatamente al movimento dell’avversario, è anche lo stato mentale che precede l’attacco.
- mi-gamae = attenzione fisica, postura corretta dopo l’attacco con il proprio corpo pronto a rispondere al movimento dell’avversario.
la cosa mi conforta…allora avevo capito bene, il kendo è proprio questo, mi dico!!
Pochi giorni fa vedo con piacere che la più importante istituzione del kendo giapponese (la Zen Nippon Kendo Renmei, cioè la Federazione giapponese di kendo) pubblica alcuni video relativi agli ultimi campionati nazionali (anche questa una delle più importanti competizioni al mondo) e penso…si tratta di gente super allenata, di grado abbastanza elevato che vive di kendo e per il kendo…i loro colpi saranno perfetti… saranno video che la Zen Nippon Kendo Renmei considera debbano essere presi ad esempio, colpi da emulare etc etc…
ve ne mostro alcuni senza alcuna presunzione, ma con la volontà di capire qualcosa attraverso dei commenti che sono (e forse avrebbero dovuto restare) personali.
Questa è la classica postura assunta dalla maggior parte dei kendoka dopo aver fatto un kote: testa piegata ad evitare il colpo, braccia piegate vicino al corpo con la shinai rivolta indietro, uscita alla sinistra dell’avversario. L’autore del colpo è Higashinaga Yukihiro 6° dan di Saitama. Mi chiedo (e vi chiedo) avrebbe superato l’esame di 6° dan con un kote così?
Osservate la postura di Fujii (rosso) mentre colpisce men (quel modo di fare fumikomi è un modo che la stessa All Japan Kendo Federation considera un “errore classico”). Il do assegnato a Uchimura viene terminato usando una sola mano. In Italia non ho visto nessun do dato (o insegnato) in quel modo.
Il men di Takanabe Susumu, 6° dan Renshi, anch’esso ricade sotto gli errori più frequenti segnalati dalla All Japan Kendo Federation. Fumikomi con il piede destro molto alto, il sinistro che non viene richiamati, ma si alza in modo scorretto, la postura talmente sbilanciata che l’atleta rischia di cadere. Avrebbe superato l’esame di 6° dan con questo colpo?
La lista di episodi tratti dall’ultimo All Japan Kendo Championship potrebbe continuare (vi consiglio questo bel riassunto di slow motion). E badate bene che conosco perfettamente e so che conoscete anche voi il livello dei kendoka nei filmati che rimane assolutamente fuori discussione.
le mie considerazioni sono: è evidente che in gara ci sono delle deroghe rispetto all’impostazione “corretta” correntemente insegnata.
Le alternative a questo stato di cose sono due:
1. Se questo modo di fare kendo è riconosciuto come “corretto” perchè negare l’evidenza e non dichiarare chiaramente l’esistenza di due “modalità” in modo da poterle allenare in modo migliore evitando confusione e ambiguità?
2. Se questa modalità va contro i principi del kendo “corretto” perchè gli arbitri giudicano validi i colpi così portati e la federazione internazionale non interviene in qualche modo?
Il discorso potrebbe essere anche capovolto: se la federazione giudica corretto questo modo di combattere, se gli arbitri concedono gli ippon fatti con determinati movimenti, sarà concepibile che tutti si conformeranno a questo modo di combattere (sicuramente più efficace, almeno fino al raggiungimento di un livello molto alto). é impensabile sperare in un cambiamento “dal basso”. Ciò che viene tollerato viene fatto.
29 novembre 2009 alle 1:57 PM
Non lo so, ma se mai il kendo diventerà disciplina olimpionica, sarà qualcosa del genere. O meglio erroracci del genere saranno all’ ordine del giorno.
30 novembre 2009 alle 4:54 PM
Più che errori, credo si tratti di approccio diverso da parte degl’arbitri che spesso sono anche esaminatori.
Quindi, una diversa valutazione in funzione della situazione che si va a giudicare, proprio come ha spiegato in modo limpidissimo il nostro Giulio.
1 dicembre 2009 alle 12:46 PM
Il “problema” nel kendo come sport olimpico è, secondo me, il pubblico. La gente non potrà capire concetti come zanshin, yuko-datotsu, seme….etc etc. Così com’è il kendo risulta abbastanza incomprensibile ai non addetti ai lavori…
30 novembre 2009 alle 4:51 PM
beh, che dire.
La tua riflessione si presenta in modo ciclico ogni qualvolta ci troviamo a commentare tra kendoka competizioni di qualsiasi livello, dai campionati mondiali fino ai trofei privati.
il silenzio di fronte a questi dubbi sollevati da principianti rende ancora più nebulosa la pratica quotidiana all’interno del proprio dojo.
Confidiamo in un intervento di qualche arbitro.
Grazie mille in anticipo.
30 novembre 2009 alle 5:42 PM
Ecco i miei “2 cents” :
Una volta, insieme ad un mio amico maestro d’arte (nel senso che ha studiato pittura, scultura, etc.) vidi un quadro “molto bello” e lui fece : “Non ha niente di che. E’ troppo ACCADEMICO”.
Li per li non capii bene e dato che non ci capisco una acca di quadri annuii in silenzio.
Questo post mi ha ricordato quell’avvenimento e la mia lettura e’ la seguente : a scuola ci insegnano un metodo corretto e pulito per avere delle solide basi artistiche, poi una volta che hai metabolizzato le basi, allora inizi a metterci in tuo carattere ed il tuo spirito nei tuoi quadri : ti crei uno stile personale.
Con il kendo mi pare di trovare dei paralleli. Quello che studi durante la lezione è per affinare la tua tecnica, le tue basi ma poi durante lo shiai ci metti il tuo carattere e quindi lasci la purezza (e asetticità) ACCADEMICA per trovare l’espressione del TUO kendo.(bello o brutto che sia dipende da quello che cerchi…).
Rubo altre due righe ricordando cosa disse Picasso : « Quando ero piccolo sapevo dipingere come Raffaello, mi ci è voluta però una vita intera per imparare a disegnare come un bambino (con la sua libertà creativa) »
1 dicembre 2009 alle 12:54 PM
bella riflessione Gabriele. Però ci sono dei limiti nell’inventarsi uno stile di kendo. Non si può dire “adesso che ho imparato le basi il men lo faccio così o colà perchè mi piace di più”. gli elementi fondamentali dello yuko-datotsu non ammettono troppa inventiva, anzi sono piuttosto rigidi.
1 dicembre 2009 alle 10:57 am
Beh, certo la questione è annosa e complessa, tuttavia secondo la mi amodestissima opinione è una questione di cosa si cerca in gara e ad un esame. In gare si cerca il punto, comunque con un’idea di “taglio” che viene “dato” se è sufficientemente convincente.
Negli esami si richiede di mostrare man mano un’evoluzione tecnica progressivamente migliore, quindi non conta soo il risultato ma anche il come lo si ottiene. Esempio: Durante uno shiai il mio aite fa qualcosa di strano e si scopre men, io lo vedo e lo colpisco. ok è ippon.
In un esame da 6° dan lo stesso evento darebeb un’impressioen negativa agli esaminatori, poichè non ci sarebbe seme. Idem per un kote “diagonale” (quelli che si possono dare anche se l’altro è in kame per indenderci), se sono molto veloce posso riuscire a colpire l’altro con una buona frequenza. ok in shiai (finchè il fisico ti consentirà di tirare così), ma in esame assolutamente no, manca seme, controllo e dialogo con l’avversario ecc. Nelle gare da 8° dan kendo da gara e accademico coincidono…
Vabbè, non so se sono stato chiaro ma la cosa è venuta così….
1 dicembre 2009 alle 1:09 PM
beh, se manca seme, controllo e dialogo…e io aggiungerei nei casi mostrati anche la corretta postura, non dovrebbe esserci neanche l’ippon visti i requisiti richiesti.
Il problema è nell’applicazione di tali requisiti.
A proposito di shiai fatti dai più alti in grado alcune riflessioni le avevo fatte qui: https://kendonellemarche.wordpress.com/2009/10/20/la-perfezione-dei-piu-alti-in-grado-saga-vs-miyazaki/
guarda che “metro di giudizio adottano gli arbitri.
Il mio quesito è: se sono corretti tali colpi perché non allenarli?? (forse sono io che non li alleno :))
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1 dicembre 2009 alle 8:30 PM
Cercherò di spiegare meglio quanto accennato sopra. GARA: L’importante è colpire, con colpi netti e forti e zanshin. L’efficacia in qualche modo tende a prevalere. Ricordiamoci che, sebbene ideakizzato, lo scontro reppresenta comunque un duello di spada. ESAME: L’importante è la “tecnica”. Man mano che salgo di grado dovrò dimostrare di “sapere” cose sempre più complesse e numerose.(seme , riai, kigurai ecc). La forma e la tecnica tendono a prevalere. Esempio banale, sono un ragazzetto con l’elasticità di una molla, e riesco a tirare kote di prima velocissimi, spesso il mio avversario non riesce a vederli partire e faccio ippon. Uso solo questa tecnica ma vinco lo stesso la categoria kyu, ok bravo. Ad un esame cosa dimostrerei? Nulla, che atleticamente sono una forza e basta, se voglio crescere dovrò imparare altro. Esami e combattimento poi non sono così slegati. Ad esempio spesso per affrontare avversari che in passato ci hanno già sconfitto, i nostri sensei ci dicono di migliorare alcuni aspetti dei nostri fondamentali. I filmati. Non sono un arbitro e non posso parlare per esperienza diretta, tuttavia ritengo che gli arbitri non siano macchine infallibili ma persone che non possono focalizzarsi su un singolo dettaglio analizzando invece quanto accade dinnanzi a loro nella sua globalità. Qundi nettezza del colpo e fluidità generale dell’azione credo siano gli elementi più “paganti”. Il kaeshi do di Uchimura è praticamente perfetto, la mano dopo l’impatto si può togliere per fare uscire la punta (io lo eseguo sempre così il do, dopo l’impatto levo la sinistra e riprendo subito dopo) e riassumere la corretta impugnatura subito dopo, Uchimura aspetta probabilmente un po troppo, ma dandrebbe visto a velocità giusta, se da l’idea di fluidità credo che non esista shimpan che non alzi la bandierina. Il Men di Takanabe è effettivamente “saltato”, tuttavia a me sembra che alla fine del colpo il corpo ce lo metta. Anche questo anddrebbe visto a velocità normale per giudicarne l’impressione globale. Nel kote di Ishinaga (tirato “gobbo”) sul colpo direi che il corpo c’è, in effetti per tirare kote così un hanshi ci disse che prima si colpisce con il corpo e poi si può andare via, in questo caso la postura è al limite ma il colpo è netto quindi gli shimpan lo hanno premiato.
Spero di essermi spiegato meglio di prima… e certi concetti del budo è spesso più facile appprenderli che esprimerli coerentemente (poi capace non capito un bel nulla ma vabbè..). Spero anche io che qualche arbitro passi da qua e ci chiarisca un pò di punti…
3 dicembre 2009 alle 12:15 PM
Grazie della riflessione Raffaele. Interessante e chiarificatrice. Concordo sul fatto che le immagini rallentate facciano sicuramente perdere l’insieme del movimento, attirando l’attenzione sui particolari dell’azione. Credo anche che nel giudicare azioni che durano frazioni di secondo l’insieme sia sicuramente la cosa che più influenzi le decisioni degli arbitri.
Detto tra noi, non ho mai pensato che quegli ippon non fossero validi (troppo alto il loro livello e troppo basso il mio ;)).
Più che altro mi è ritornata alla mente una intervista letta su KI in cui Sumi Watanabe (e qui lancio un’altra provocazione)diceva:
“In molti paesi in cui scarseggiano gli insegnanti e in cui non è possibile ricevere un insegnamento particolareggiato [non è il caso dell’Italia], i video dei campionati di kendô giapponesi diventano il miglior maestro. Così si impara il kendô imitando gli atleti giapponesi che sono considerati i più forti, innanzitutto quelli che partecipano ai campionati nazionali.
Eppure non si può pensare che la qualità kendistica delle altre nazioni migliorerà molto se si prenderà a modello il Giappone nelle condizioni in cui si trova adesso. Ma allora chi può arginare questa tendenza? Chi può risolvere uno stato d’animo per cui gli atleti non possono che fare come fanno, hanno paura di non vincere e non essere scelti come membri della nazionale? Penso che il Giappone in conseguenza di questa sconfitta si trovi posto di fronte ad un bivio. Da un lato infatti ci si può impegnare al massimo in un kendô come quello attuale, come stanno facendo in particolare Corea e Stati Uniti, ma anche le nazioni europee che stanno facendo crescere i loro atleti. Oppure si può tentare una svolta netta nel senso della qualità del kendo”.
Fai clic per accedere a KN%20Sumi%20marzo%202007.pdf
Altra cosa…dal tuo ragionamento (per me preziosissimo e stimolante)si intuisce come nelle competizioni prevalgano alcuni elementi più di altri. Secondo te è necessario un allenamento specifico per lo shiai?
3 dicembre 2009 alle 2:51 PM
Giulio, premetto che non sono per nulla qualificato a pontificare (la mia ultima gara è di 4-5 anni fà, quest’anno vedremo di riprendere)e che quindi l’opinione di qualcuno che si è portato a casa qualche trofeo vale sicuramente mille volte questa, tuttavia cercherò di darti la mia risposta migliore. Tra ji-geiko (generico, non specificatamente da esame) e shiai avverto più un cambio di mentalità che di tecnica. Nel primo caso essere colpiti non è importante, mentre è fondamentale colpire, nel secondo è invece fondamentale non essere colpiti. Mentalmente è la differenza che passa tra un duello (stilizzato, idealizzato, quello che volete ma lo shiai è questo per me), dove un pari equivale comunque a portare a casa la buccia (quindi ottimo risultato!), e uno scambio “amichevole” di colpi. Forse, anche se espressa in modo grezzo, la differenza sta tutta qua. Spostare ogni tanto l’interruttore da una modalità all’altra credo che faccia bene. Non saprei di preciso, ma ascoltando i consigli dei gradi più elevati ho l’impressione che non si debbano allenare due tipo di kendo, ma uno solo, è solo la mentalità che cambia, modificandone l’espressione.
2 dicembre 2009 alle 12:08 am
Il confronto d’idee sta dando ottimi spunti di riflessione… 😉
25 dicembre 2009 alle 11:50 PM
Aggiungo questo video, molto “simpatico”…
27 dicembre 2009 alle 1:53 PM
era talmente buona l’intenzione del coreano che l’idea si è materializzata nella mente degli arbitri come realmente avvenuta 😉
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